Il doppio sogno di ‘18 regali’

di Sandro Russo

Un film che ha suscitato opposte ed estreme reazioni, da un alto gradimento ad un esagerato rigetto. Per motivi intercorrenti mi sono trovato a vederlo due volte. Penso che meriti una focalizzazione ulteriore.
Forse un motivo dell’astio deriva dalla informazione riportata in locandina “ispirato ad una storia vera”. Si apprende così che la vera, dolorosa vicenda di Marisa Girotto è stato l’innesco del film; inoltre il vedovo della donna, Alessio Vincenzotto, figura tra gli sceneggiatori.
E “la storia vera” è questa: negli ultimi mesi di gravidanza una donna scopre di avere un tumore e decide di seguire con dei regali annuali la figlia che forse neanche riuscirà a vedere.
Il film non insiste troppo sulla diagnosi della malattia e la comprensibile reazione della donna (Elisa), che mostra nella sua vita familiare, forte e decisa, con un marito abbastanza immaturo.

La lasciamo di ritorno a casa, in una serata di pioggia, alla prese con questa nuova consapevolezza, mentre alla guida della sua macchina sta attraversando una galleria…
Ma il richiamo alla storia vera prende pochi minuti del film: i primi compleanni della bambina (Anna) ancora contenta, ripresi in superotto (nella realtà la figlia di Marisa e Alessio Vincenzotto non ha ancora quattro anni). Nel film già intorno ai sei (o otto?) anni non è più contenta del regalo del pianoforte, anzi chiude il coperchio sulle dita dell’amichetto che suonava con lei.
Al compleanno dei diciott’anni il rifiuto raggiunge il suo acme. Anna proprio non ne può più di quel rito da ripetere ogni anno e ha una reazione violenta; si allontana da casa alla ricerca di uno sballo qualunque.
Ed è proprio in queste condizioni, mezza ubriaca, che viene investita da una macchina…

Non sembra una cosa grave. Si riprende poco dopo; la signora che l’ha investita vuole accompagnarla in ospedale, ma lei rifiuta; accetta di essere accompagnata nella casa della investitrice e scopriamo che è proprio casa sua, e che la donna è la madre che non ha mai conosciuto.
Di qui si dipana il filone principale della storia del film, che si allontana totalmente dalla storia vera. Per alcuni giorni Anna vive con la madre che non ha mai conosciuto (anche il padre si inserisce ad un certo punto), la accompagna, la consiglia, la fa arrabbiare… fino a che non scopriamo che dopo l’incidente è stata portata in ospedale e tenuta in coma farmacologico.

Non è certo il primo film che mette in scena un sogno; anzi alcuni film sono costituiti per la maggior parte, o interamente, da un sogno.
Ma la scommessa della sceneggiatura è un’altra. Se accettiamo (ricostruendo a posteriori) che tutto quel che è accaduto è stato un sogno di Anna, più difficile è comprendere e accogliere la lenta, incredula consapevolezza di sé della madre Elisa di aver davanti la figlia. Un sogno nel sogno che è giustificato in termini poetici, certo non razionali, ma proprio perché siamo in un film non è da rigettare. Io l’ho apprezzato. E pure mi ha intrigato seguire l’andirivieni temporale dei personaggi che si conoscono / non di conoscono e si accettano in una dimensione che non si è mai data nella realtà.

Molto belle le interpretazioni di Vittoria Puccini (Elisa) e Benedetta Porcaroli (Anna); di contorno quella del marito/padre Edoardo Leo:
Gli sceneggiatori sono Massimo Gaudioso, Davide Lantieri, Alessio Vincenzotto. Il regista è Francesco Amato [Ma che ci faccio qui! (2006): Cosimo e Nicole (2012); Lasciati andare (2017); 18 regali (2020)]

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Lorenza

Ciao. Grazie per questa recensione che forse non mi butta nelle braccia del film.
La storia mi ha fatto pensare ad un altro film che consiglio caldamente. La mia vita senza di me di isabel Coixet regista di Barcellona.
Una donna scopre di avere poco tempo da vivere e scrive la lista delle cose da fare prima di morire: tra cui anche lasciare dei doni alle due figlie ancora piccole. Per carità: uno legge queste cose e scappa via. Invece il film è un elogio alla gioia di vivere e uno sprone a farlo fino in fondo, a non trascurare tante vie che nella fretta dimentichiamo.
Ecco Sandro vorrei sapere come si esce da questo film, con che sapore in bocca.