Palazzina Laf di Michele Riondino è il film che, nel panorama del disimpegno collettivo di distrazione di massa (cosiddetta nuova commedia all’italiana), tira dritto a denunciare le nuove tendenze personali e sociali, entrate subdolamente nel vissuto quotidiano pubblico e privato. Epoca più che di contrapposizioni, di confusioni di ruoli e di acquiescenza ad un potere manipolatorio, celato dietro immagini confidenziali.
Non c’è niente di confortevole nel canto di morte che si leva dall’inquinamento ambientale, sia delle fabbriche sia dell’agricoltura.
Tra il particolato atmosferico che respiriamo nelle città e nelle zone industriali e le composizioni chimiche che mangiamo in tutti i prodotti naturali (trattati a fitofarmaci e diserbanti) o lavorati (ormai processati od ultraprocessati) non siamo più esenti da alti rischi percentuali di cancro.
Il regista-interprete Michele Riondino (calato in maniera superlativa nella psicologia e nelle movenze di un ingenuo-furbo operaio del Polo siderurgico di Taranto) che ha tratto l’idea delle malattie polmonari e delle strategie del sistema di comando da “Fumo sulla città” di Alessandro Leogrande, ha saputo aggiungere altre importanti notazioni personali, attualizzando il contesto storico.