di Pino Moroni
Il film Anora ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes. Ma non si può capire se ha veramente meritato il premio, se non si traccia il profilo del regista Sean Baker, quasi sconosciuto al grande pubblico.
Sean Baker, da circa 10 anni sceneggia, dirige, fotografa, monta e produce con pochi soldi, film marginali, con distribuzione limitata, strumentazioni (perfino un iPhone 5S) e soprattutto con attori non professionisti (vero cinema indipendente), raccontando le storie degli ultimi, degli esclusi, emarginati, falliti, in ambienti di malaffare, soprattutto nel mondo della prostituzione, del porno e dei transgender (Starlet del 2012, Tangerine del 2015, Un sogno chiamato Florida del 2017, Red Rocket del 2021).
Allora, come dicono i benpensanti, perché andare a vedere le cose che racconta? Perché Baker, essendo un regista tutto compreso (da ideatore a produttore), i film li sa raccontare e realizzare molto bene. Le sue idee innovative sulle riprese e le sue fasi di montaggio (lo ha studiato alla scuola del Greenwich Village) riescono ad assemblare meglio di tanti altri registi tutte le parti che formano un girato.
Infatti con il premio che aveva già preso per “Un sogno chiamato Florida”, che è poi il sogno tutto Americano di andare al Walt Disney World Resort, era stato già inserito dal National Board Review – American Film Institute tra i migliori 10 film del 2017.
Con il suo passaggio ad un film mainstream, prodotto dalla FilmNation Enterteinment e distribuito dalla Universal Pictures, ha fatto il salto di qualità e di apprezzamento da parte del grande pubblico, come aveva sempre meritato. Anche perché Baker è stato sempre coerente e corretto nelle sue produzioni, mentre la Hollywood ricca e per bene ha fatto sempre finta di parlare dei temi scottanti di cui invece parla Baker.