“Si dice che il vero amore sia come una banana: dolce e dai riflessi dorati.” Jack
di Giulia Pugliese
David Lynch era un grande regista, capace di dettare le sue regole nell’industria hollywoodiana, di creare veri e propri mondi, come Twin Peaks o Lumberton, e immaginari, che ci entrano dentro. Non ha fatto molti film, ma ha realizzato molti cortometraggi, non facilissimi da trovare, tra questi What Did Jack Do?, che potete vedere sulla piattaforma Netflix. Il cortometraggio gioca con il noir, anche attraverso il bianco e nero, la fotografia e il fumo di sigaretta, al centro una storia d’amore, morte e destino, che sono spesso centrali nei film di Lynch. Il regista, nell’opera, recita la parte di un investigatore pronto a far crollare Jack, accusato di aver ucciso il suo rivale in amore. Tra Jack e l’ispettore inizierà un dialogo surreale, pieno di luoghi comuni e di riferimenti animaleschi, in un diner (luogo amato da Lynch) e davanti a un caffè (bevanda ancora più amata dal regista). La cosa curiosa che non vi ho detto è che Jack è una scimmia e la “donna” per cui ha ucciso è una gallina. Con una tecnica che denota una certa abilità di sovrapposizione tra l’attore che ha prestato la bocca e la scimmia, il regista riesce a farlo parlare con una bocca umana e le parole che la scimmia pronuncia sono del tutto umane. Jack racconta la sua storia e noi non sappiamo se credergli, ma di sicuro quando si mette a cantare il suo amore per Toototabon, non possiamo che essere certi dei suoi sentimenti per lei. La scimmietta, verso la fine del cortometraggio, si apre completamente con l’investigatore e gli spettatori, parlando del suo amore perduto.
La cupezza della scenografia si contrappone al calore di quello che viene raccontato, e alla fine si fa il tifo per Jack, anche se a tratti risulta sgradevole. Nonostante i suoi aspetti graziosi di scimmietta cappuccina, Jack non è altro che uno dei personaggi odiosi che David Lynch ha messo in scena nei suoi anni di carriera, che, nonostante la loro follia e a tratti crudeltà, il regista guarda con benevolenza, come Frank (Dennis Hopper) di Velluto Blu, probabilmente vittima di qualche abuso infantile e fortemente traumatizzato, Bobby Peru (Willem Defoe) di Cuore Selvaggio e il Mistery Man (Robert Blake) di Strade Perdute. Questi cattivi servono agli uomini retti per ritrovare la bussola. In ogni caso, Jack non è cattivo: ha vissuto una vita dura, “abbastanza da rompere una noce di cocco” per usare le sue parole, e forse ha ucciso accecato dalla gelosia. In questo cortometraggio ritroviamo non solo i temi cari al regista, ma anche alcune piccole citazioni ai suoi film. Le motivazioni dell’omicidio ricordano Strade Perdute e il finale Mulholland Drive. Inoltre, si parla di un uomo con un avanzato stato di gonorrea e un braccio che pesa trentaquattro chili, un freak e di sogni, di preveggenza. Il nostro protagonista, infatti, sogna un coniglio rosso sangue. L’opera denota complessità tecniche, ma ha una messa in scena abbastanza semplice che mette al centro il dialogo tra i due protagonisti, facendo sì che lo spettatore sia completamente concentrato su questo, senza distrazioni di altro tipo.
Il senso è forse cercare un’uguaglianza tra il primate e l’uomo, forse l’evoluzione umana non ci ha poi allontanato così tanto dall’animalesco (“Be man, Jack,” lo esorta il regista). Ma Jack è anche una sorta di doppio del regista: è vestito uguale e ha una voce simile. Il finale confonde lo spettatore e, come tutte le opere di Lynch, continuiamo a farci domande anche dopo la fine del film. David Lynch ci mancherà anche per queste piccole, ma grandi opere.
Giulia Pugliese
Scrittrice
Educazione
2011 - Master in EUC Group & CEERNT European Project
2006/2010 - Laurea triennale in Cooperazione allo sviluppo
Esperienze lavorative
2024 - Scrittrice di critica cinematografica per il blog online Odeon
2023 - Scrittrice di critica cinematografica per il blog online I-Films
2022/2023 - Scrittrice di critica cinematografica per il blog online Long Take
Premiazioni
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