Io sono ancora qui di Walter Salles

di Martina Cossia Castiglioni

A Rio De Janeiro, agli inizi degli anni Settanta, Eunice, il marito Rubens e i cinque figli conducono una vita normale, tra la scuola e il lavoro di ingegnere di Rubens, i giochi dei ragazzi sulla spiaggia e gli amici che frequentano la casa della famiglia, a pochi metri dal mare. Sullo sfondo però c’è la dittatura militare, i posti di blocco, un clima di tensione crescente. Un giorno il padre viene portato via per essere interrogato. Lo stesso accade a Eunice e a una delle figlie, ma mentre le due donne vengono rilasciate, Rubens non tornerà più a casa.
A dodici anni da On the road, Walter Salles torna alla regia con un film molto più personale, Io sono ancora qui (Ainda estou aqui), tratto dall’omonimo libro di Marcelo Paiva, ultimogenito di Eunice e Rubens. Il direttore brasiliano parte da una storia vera per affrontare, per la prima volta nella sua filmografia, il tema dei desaparecidos. In ventun’anni di dittatura (dal 1964 al 1985) centinaia di oppositori al regime sono stati perseguitati, torturati e uccisi, ma solo nel 2014 la Commissione nazionale per la verità del Brasile ha reso pubblico un rapporto sui crimini perpetrati sistematicamente dai militari (anche contro la popolazione indigena dell’Amazzonia). Un film politico, Io sono ancora qui, che sceglie però il punto di vista di chi è «sopravvissuto», di chi resta: una donna che combatte per scoprire la verità sulla morte del marito, e per continuare a offrire una vita dignitosa ai suoi figli. Una vicenda individuale che diventa specchio di un periodo buio della storia di un’intera nazione.

Rubens Paiva e la moglie Eunice.

Ma Io sono ancora qui, dicevamo, è per il regista anche un film molto personale. Walter Salles, infatti, ha conosciuto bene la famiglia Paiva, è stato nella loro casa, ha sentito, come ha detto in un’intervista, «i profumi della loro cucina», ha in comune con loro ricordi felici. Questa intimità, questo calore, sono molto evidenti nella prima parte del film, incentrato sulla vita familiare dei Paiva prima della scomparsa di Rubens, in una casa piena d’amore, aperta agli amici, alle idee, alla cultura. Una serena quotidianità della quale anche lo spettatore si sente partecipe, e che verrà fatta a pezzi dalla sparizione del capo famiglia. La narrazione si svilupperà in un vasto arco temporale. Nel 1996, quando ormai da molti anni Eunice si è trasferita con i figli a San Paolo (ed è diventata avvocatessa e attivista), ottiene finalmente il certificato di morte del marito. Il film si conclude nel 2014. Una sorta di tripartizione della storia, dove ogni fase è contrassegnata (o simboleggiata) da una foto di gruppo. La prima, quella del periodo più felice e più «solare», ritrae i Paiva sulla spiaggia insieme ad alcuni dei loro amici. Nella seconda, che precede il trasferimento a San Paolo, Eunice e i suoi figli posano per una rivista, e quando il fotografo chiede loro di non sorridere, perché l’editore ha chiesto «una foto meno felice», la donna invita tutti a ridere. Perché il dolore lei l’ha sempre affrontato con dignità, e non si mostrerà in lacrime al mondo. L’ultima foto, nel 2014, con Eunice al centro malata di Alzheimer, è quella di una grande famiglia: figlie, generi, nipoti, il figlio Marcelo, quasi a sottolineare che quell’amore che la dittatura ha cercato di soffocare è diventato ancora più grande, e che la memoria di ciò che è accaduto non morirà con Eunice.

Ma la pellicola di Salles è ben lontana dalle trappole della retorica. Al contrario, è un’opera sobria, misurata, eppure intensa. Come l’interpretazione di Fernanda Torres (figlia di Fernanda Montenegro, indimenticata protagonista di Central do Brasil, che appare anche in Io sono ancora qui nel ruolo di Eunice ormai anziana): tutta in «sottrazione», fatta di emozioni trattenute, di sguardi, ma di grande forza. Io sono ancora qui è stato presentato all’ultimo Festival di Venezia – dove ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura – ed è candidato a tre Oscar: per la miglior attrice protagonista (Fernanda Torres, che per la sua interpretazione ha già ricevuto il Golden Globe), come miglior film, e nella categoria del miglior film internazionale. Più di recente ha avuto anche il Goya come miglior film latino-americano.

Informazioni su Martina Cossia Castiglioni 27 Articoli
MARTINA COSSIA CASTIGLIONI (1964) si è laureata in Lingue alla Statale di Milano. Dal 2001 al 2009 ha tenuto un rubrica dedicata ai libri per Milano Finanza e dal 2011 al 2016 è stata responsabile editoriale per Uroboros Edizioni. Appassionata di cinema, frequenta  i corsi di Longtake e ha iniziato da poco a scrivere di cinema in rete.

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