Il Noir e il sogno(2).

di Letizia Piredda

Negli anni ’30 molti pionieri della psicoanalisi arrivano in America (Theodore Reik, David Rapaport,Otto Fenichel). La psicoanalisi si diffonde. A differenza dello psicoanalista europeo che è un professionista isolato, lo psicoanalista americano può organizzarsi in associazioni culturali, collegate o meno all’Università. Anche Hollywood comincia ad interessarsi al fenomeno: sono molti infatti i produttori che si abbonano alla Psychoanalitical Review. Come in tutti i processi di divulgazione, però, c’è una tendenza alla semplificazione. Basta un esempio per tutti:
“Il sogno è il risultato dell’attività della nostra anima” (Freud) viene tradotto con mente ( o intelletto): questo porterà ad una interpretazione sviante, dato che la vita intellettuale è  separata da quella emotiva .
Nel noir il sogno è “il risultato dell’attività della mente” mente che in genere è squilibrata, scossa da un evento traumatico come un delitto: si affermerà il binomio sogno-turbamento mentale, cioè il sogno è un sintomo puntuale di malessere interiore e spesso si avvicina all’incubo o all’illusione.
Ma la caratteristica del noir è data dalla pervasività, cioè dalla proliferazione di atmosfere oniriche.
“L’onirismo diffuso del noir porta lo spettatore a una condizione di perenne incertezza , e ad una sospensione tra percezione reale, sogno, fantasticherie”(Carluccio e Pescatore).
Si possono classificare in tre categorie gli elementi stilistici e narrativi connessi all’onirismo:
1) i riferimenti, figurativi o verbali, al sonno, al torpore, al sogno e all’incubo
2) le allusioni allo squilibrio mentale o al disorientamento psicologico dei personaggi: si ricorre ai primi piani e alla voce fuori campo per esprimere la dissociazione tra un corpo muto, quasi inanimato e un pensiero attivo, dotato di parola
3) spesso la prima apparizione di un personaggio viene fatta precedere da una scena in cui il protagonista sta dormendo, si è appena svegliato o ha espresso un desiderio o un timore del tutto irreale.
Due film in particolare rendono molto bene questa tematica:
“Lo sconosciuto del terzo piano”, 1940, di Boris Ingster e “Situazione pericolosa”, 1941, di Bruce Humberstone.

Lo sconosciuto del terzo piano, di Boris Ingster, 1940

Uno dei motivi ricorrenti in questi film è il motivo dell’ombra ( a livello verbale e iconografico) o l’uso di un quadro o di una fotografia  ( che diventa icona , staccata quindi dal personaggio reale che raffigura).
A questo proposito i riferimenti anche se molto diversi tra loro, sono: “Vertigine” di Otto Preminger, 1944, “La donna del ritratto” , 1944  e “La strada scarlatta”, 1945 di Fritz Lang.
La messa in scena acquista un valore aggiunto nel noir: non è solo forma ma è anche contenuto.

Come ho già detto non c’è un confine preciso tra lo stato di veglia e quello del sonno: “ un mondo vagamente irreale e inconsistente, senza spessore, dominato dalla presenza di vetri, specchi e ombre che costantemente duplicano l’immagine dei personaggi, minandone la verosimiglianza e la messa a fuoco”(Gandini).
Spesso la messa in scena, con le caratteristiche formali del noir (fotografia contrastata, riprese scentrate, stilizzazione etc,) serve a produrre un effetto visivo  che può non essere applicato a tutto il film, ma solo a una sua parte (un personaggio, un ambiente, una situazione) che verranno percepiti come “diversi”.
Ne consegue che da un punto di vista stilistico i film noir possono essere frammentati in due : a una parte iniziale in cui la messa in scena obbedisce ai criteri della classicità hollywoodiana (illuminazione uniforme, riprese frontali, spazio prospettico ecc.) ne segue un’altra caratterizzata da opzioni formali di segno opposto.
Ad es. in “Vertigine”la scena in cui il poliziotto si addormenta sulla poltrona segna un cambio di registro stilistico: ambienti immersi nell’oscurità (la stazione di polizia, la casa di Laura) strade lucide di pioggia, ombre minacciose.

Vertigine di Otto Preminger, 1944

Si verifica una divergenza tra narrazione e immagini e, senza una giustificazione adeguata per lo spettatore, si innesta un repertorio formale molto stilizzato.
I film di riferimento in questo caso sono: “La donna fantasma” di Siodmak  e “La finestra socchiusa”; in quest’ultimo il prologo sembra improntato a uno stile documentaristico e all’analisi sociale. Ma poco dopo l’episodio in cui Tommy, in una notte di afa, esce sulla scala antincendio e assiste ad un omicidio, c’è un cambio radicale di registro. L’illuminazione uniforme viene sostituita da quella contrastata, che dà risalto alle ombre; spazi e individui vengono spesso ripresi dal basso in alto e quindi il film procede su un duplice binario: quello reale e quello immaginario ( Tommy, che diceva anche molte bugie, può aver sognato / immaginato l’omicidio).
A differenza dei generi basati sull’azione (western e war-movie) o sui sentimenti (melodramma) il noir sancisce con forza l’idea che ciò che l’individuo sogna o immagina , finisce per avere, nella sua esistenza, un peso preponderante.
Ed è questo l’elemento che lo rende così diverso dal film poliziesco, che parte dai medesimi elementi narrativi (un delitto, un colpevole, un detective) per affermare il trionfo della razionalità, della logica e della concretezza.
In tutti e due i film l’iconografia è contraddistinta da ombre gigantesche: vengono riflesse sulle pareti sia le sagome delle ringhiere e delle colonne, sia i profili dei corpi e dei personaggi.

Ma non hanno la stessa funzione che assumono nei film horror, di ampliare a dismisura la suspence e il mistero. In alcuni film (“Donne e veleni” e “Angoscia”) le ombre hanno una caratteristica particolare: sono sempre parallele ai corpi e agli oggetti: tutto questo produce un effetto di smaterializzazione e di sdoppiamento, creando un clima di ambiguità e di incertezza che finisce con lo spiazzare lo spettatore.

Gandini L. “Il noir americano” Edizioni Lindau, 2008
Carluccio G., Pescatore G. “Dal Nero. Del noir, dello schermo”,Cinema &Cinema, 61, maggio –agosto 1991,pp 61-68

Continua: Il Noir: spazio e tempo (3) https://odeon.home.blog/2019/06/17/il-noir-spazio-e-tempo-3/

Informazioni su Letizia Piredda 177 Articoli
Letizia Piredda ha studiato e vive a Roma, dove si è laureata in Filosofia. Da diversi anni frequenta corsi monografici di analisi di film e corsi di critica cinematografica. In parallelo ha iniziato a scrivere di cinema su Blog amatoriali.
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