La storia raccontata dai film (12). I soliti ignoti

30 OTTOBRE, 2019

di Gianni Sarro
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“Rubare è roba per gente seria, mica per gente come voi!
Voi, al massimo potete andare a lavorare”
[Tiberio, interpretato nel film da Marcello Mastroianni]

Il triennio 1958-60 non è un periodo facile per l’Italia: la guerra è finita ormai da tredici anni, ma il Paese è lontano dall’aver completato la ricostruzione. La lunga fase politica ‘centrista’, in auge dal 1947, che ha dato vita a governi a guida DC di volta in volta alleata con PRI, PLI o PSDI è giunta al capolinea. C’è voglia di novità, di progresso sociale: è arrivato il momento di far cadere il veto dell’ingresso al governo delle sinistre.
Il cinema italiano, come sempre, è attento osservatore delle dinamiche sociali e pronto ad architettare storie che raccontino questa delicata fase del Belpaese, tuttavia gli autori capiscono che è arrivato il momento di rinnovare il linguaggio per raccontare questa travagliata fase, che se da un lato nel 1957 ha visto l’apertura a Milano del primo supermercato e in molte case sono apparsi tv, frigoriferi, dall’altra vede ancora molte periferie urbane sprofondate nella miseria.
Il nuovo cinema italiano, che si fa interprete di questo fermento sociale è quello di Monicelli, Risi, Comencini (di questo rinnovamento linguistico sono protagonisti anche Visconti, Fellini e Antonioni, che però oltrepassano il genere della Commedia) che sanno interpretare il cambiamento in atto, abbandonando la farsa buonista dei film degli anni ’50 per mettere in scena una critica sociale sottile e tagliente (un titolo per tutti Il sorpasso di Risi).
In questo senso I soliti ignoti – Mario Monicelli, 1958; sceneggiatori: lo stesso Mario Monicelli, Suso Cecchi D’Amico, Age & Scarpelli – è un film ponte, che unisce due Italie, quella dell’immediato secondo dopoguerra, rurale, povera, profondamente analfabeta, con quella sull’orlo dell’effimero boom degli anni ’60.
Emigrazione interna e tv hanno in un modo o nell’altro amalgamato gli italiani. Comincia a diffondersi un tenue benessere, ma si palesano anche contraddizioni sociali che esploderanno da lì a poco.
Monicelli ne I soliti ignoti adotta il punto di vista di un microcosmo sociale povero (come farà l’anno dopo con La grande guerra, raccontato dal punto di vista di due soldati semplici, non certamente degli eroi, che simboleggiano la massa dell’esercito, la cosiddetta ‘carne da cannone’).
Il regista toscano ama costruire un discorso popolaresco, fondandolo sulle più peculiari espressioni del popolo: dallo sberleffo nei confronti dei potenti, al gesticolare, al modo d’esprimersi alle soglie del vernacolare.
Ne I soliti ignoti a rafforzare l’idea del microcosmo povero è lo spazio messo in scena: quello delle borgate romane, da Val Melaina alla Casilina.
Il regista realizza un film che pone come grande novità la contaminazione tra comico e tragedia. Per la disillusione, da un lato, e l’ironia, dall’altro, con cui racconta il tentativo d’un gruppo di poveracci di svaligiare la cassaforte del Monte di Pietà, I soliti ignoti si distacca, come accennavamo sopra, dalle commedie degli anni ’50, che si ponevano all’insegna dell’happy end, e può essere visto come l’atto di nascita della commedia all’italiana, un cinema con la capacità di guardare alla società, di registrarne i mutamenti – il boom è alle porte – e di metterne alla berlina i difetti. L’approssimazione, per esempio, con cui i protagonisti affrontano il colpo non è anche quella con cui nel Paese si gestì il passaggio alla modernizzazione?
La maschera del napoletano Capannelle (*) con la sua fame atavica ci racconta che l’Italia è abitata da sacche di povertà dove il riempire la pancia è ancora il primo problema (I soliti ignoti è entrato di diritto nella serie in tre puntate dedicata, sempre da Gianni Sarro, alla “fame” nel cinema italiano: leggi qui – NdR).

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La struttura narrativa de I soliti ignoti è un racconto corale a sette voci. Vittorio Gassman / Peppe er Pantera; Totò / Dante Cruciani; Marcello Mastroianni / Tiberio; Memmo Carotenuto / Cosimo; Tiberio Murgia / Ferribotte; Claudia Cardinale / Carmelina; Carla Gravina / Nicoletta.
Assunto che Gassman (**) ha una sottile ma evidente supremazia d’inquadrature, tutti gli altri godono di almeno una scena autonoma. Tutti i personaggi mostrano una profondità psicologica che rispecchia la volontà di Monicelli di mostrare un’idea di Storia e di storia come processo collettivo, in cui è protagonista la vita quotidiana.
Nel film emerge la messa a punto di un cambiamento del registro comico. Fateci caso: Totò e Fabrizi facevano ridere perché erano vittime delle circostanze avverse, come anche dall’altra parte dell’oceano a cavallo della Seconda Guerra Mondiale Stanlio e Ollio; invece adesso con Gassman (e soprattutto con Sordi) il comico è prepotente, in qualche maniera diventa carnefice, aggressivo (pensiamo a come Gassman si relaziona con Capannelle), la risata scatta per la prepotenza, la fanfaronata.
Anni dopo la lezione de I Soliti ignoti e più in generale della Commedia all’italiana sarà ripresa dai fratelli Coen. Il loro cinema non prevede la figura dell’eroe tout court, a tutto tondo, anzi la elimina. Pensiamo ad Arizona Junior (Coen, 1987) dove i due fratelli di Minneapolis ci mostrano il protagonista Herbert I. “Hi” McDunnough (interpretato da Nicholas Cage) antieroe simpatico e perdente, disadattato, velleitario, che tanto ci ricorda gli ‘eroi’ fanfaroni inadeguati della Commedia all’italiana.

Da YouTube, l’episodio della terrazza con Totò, da I soliti ignoti: “Buongiorno, brigadiere. Come vede… si lavicchia! Eh eh..!”

.Note

(*) – Carlo Pisacane “Capannelle” – Guarda qui La morte di Abacucco, ne L’armata Brancaleone (1966).

(**) – Fu una geniale intuizione di Monicelli (non poco osteggiata da Franco Cristaldi della Titanus film) quella di utilizzare Gassman – attore classico, presenza e voce impostate per ruoli drammatici – come attore comico, balbuziente e un po’ ’ntronato. Il successo de “I soliti ignoti”, spinse i produttori a replicare il tema l’anno successivo – mantenendo gli stessi caratteri e gli stessi attori -, con L’Audace colpo dei soliti ignoti, un film del 1959 diretto da Nanni Loy.

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