Expats (2024) di Lulu Wang

“I figli sono la nostra più grande risorsa, più ancora del petrolio, perfino di più dell’energia nucleare” Bambini nel tempo, Ian McEwan

Expats è un (brutto) termine che si usa per definire gli immigrati ricchi e distinguerli da quelli poveri che sono appunto semplici immigrati. Gli expats di solito hanno vite agiate, viaggiano per conoscere il paese in cui vivono, fanno esperienze diverse, tuttavia vivono in culture diverse dalle loro, non sono turisti, ma neanche locali (come rimarca spesso anche la serie, soprattutto con il discorso che la fidanzata fa a Mercy). Le vite degli expats sono affascinanti, ma spesso convivono con la mancanza del luogo da cui vengono e la sensazione di non appartenenza al luogo in cui abitano.

Expats è uscita un po’ in sordina nonostante la presenza di Nicole Kidman (l’attrice non è digiuna da esperienze con le serie come Big Little Lies, Nine Perfect Stranger e The Undoing-le verita non dette), racconta il variopinto mondo degli expats di Hong Kong: per lo più ricchi, snob, trattano male le loro domestiche filippine, spettegolano e tentano di nascondere i loro segreti agli altri per sembrare perfetti, in una comunità dove tutti lo sembrano. La serie parla di un evento che sconvolgerà la vita di questa comunità e porterà a incontri, intrecci narrativi e i personaggi a conoscersi meglio.
La protagonista Margaret (Nicole Kidman) è diversa dalle altre expats, lo vediamo nella seconda puntata quando è sulla barca, dice subito che Essie (Ruby Ruiz), la sua tata filippina, è di famiglia, ammonisce le altre donne per come trattano le cameriere e fa amicizia con una ragazza americana di origine coreana Mercy (Ji-young Yoo). Margaret ha una vita perfetta, un marito bello e premuroso (Brian Tee), tre figli, da lamentarsi che non può fare il suo lavoro, perché è architetto di esterni e nessuno ha un giardino ad Hong Kong, si troverà a vivere un dramma che sconvolgerà la sua vita per sempre.

L’opera mette al centro il tema della maternità: Margaret è gelosa del rapporto che Essie ha con i suoi figli, Hilary (Sarayu Blue) non vuole avere figli per i suoi precedenti rapporti familiari, ma non ha il coraggio di dirlo a suo marito che invece li vorrebbe e c’è chi non si è mai vista come una madre ma si ritrova ad esserlo. Si investiga il legame tra essere donna e madre, se le due cose debbano andare di pari passo e cosa deve fare una brava madre.
Un’altra tematica trattata è la predestinazione, c’è una sorta di destino che detta le nostre vite? Mercy dice sempre che un’indovina che aveva consultato sua madre le ha detto che è maledetta, Margaret dice che il suo terzo genito non era voluto, Hilary che è cresciuta in una famiglia con un alto livello di tossicità, rivive lo stesso malessere con il marito. Ma se noi vivessimo la vita come pensiamo che siamo predestinati, reiterando sempre gli stessi cicli? Se noi ci creassimo un futuro avverso coi nostri comportamenti perché crediamo di meritarlo o di non poter fare diversamente?
La serie ci mostra gli eventi non rispettandone la cronologia, le prime puntante hanno una regia abbastanza classica, ma brillante di Lulu Wang (siamo ad Hong Kong è l’eco di Wang Kar-Wai si sente), per poi arrivare all’ultima puntata spaziando tra stili diversi (videoclip e il dialogo asincrono). L’aspetto dell’immagine curato dal direttore alla fotografia Anna Franquesa-Solano è l’elemento più interessante della serie.

Lulu Wang, conosciuta per il tenero e ben costruito film Farawell-Una bugia buona, da regista indipendente si è trovata a girare una serie di Amazon Prime con Nicole Kidman e un grande budget, e ha accusato la pressione. Expats che aveva tutte le carte per funzionare (buoni interpreti, storia sfaccettata un po’ thriller e un po’ dramma, location intrigante e una regista con un grande talento visivo) diventa un pasticciaccio, per quella che potremmo chiamare la “sindrome di Magnolia”, l’intreccio di storie e di punti di vista, che riesce nel film citato, ma non qui perché l’intreccio di storie è forzato e rende superficiale la narrazione. Prendiamo il penultimo episodio, incentrato sulla giornata libera delle inservienti delle ricche expats, che la regista ha detto più volte che era quello a cui teneva di più, non ha assolutamente senso per la narrazione, serve solo a rendere il prodotto meno classista e per tentare, senza riuscirci, di parlare di disparità sociale. Anche l’ultimo episodio con diversi stili crea confusione.

Persino la questione delle proteste per mantenere Hong Kong indipendente viene trattata in maniera superficiale e come una delle tante storie, mettendola nel grande calderone degli eventi personali delle protagoniste, mentre la questione è seria (la Rivoluzione degli ombrelli avvenuta nel 2014, per protestare contro l’intromissione del Partito Comunista cinese nelle elezioni e nella vita politica di Hong Kong). Hong Kong rischia di perdere la sua indipendenza.

La prima puntata inizia raccontandoci delle storie dove ci sono vittime e dei carnefici inconsapevoli, degli incidenti che hanno rovinato la vita a qualcuno, ci viene detto che noi ci concentriamo sulle vittime, ma che ne è dei carnefici? Anche loro soffrono per il male fatto. È una brutta malattia quella che sta prendendo il cinema e la serialità, la de-moralizzazione dei personaggi (Saltburn di Emerald Fennel, May December di Todd Hayne e Anatomia di una caduta di JustineTriet), il mondo in cui viviamo non è più polarizzato da bene e male, le persone sono più libere di crearsi una propria morale. Tuttavia questo non significa che non esista giusto o sbagliato, se vogliamo vittimizzare i carnefici, la cosa non va fatta con superficialità (un esempio riuscito è il Joker di Todd Philips).

Expats mette insieme troppe cose, mentre avrebbe dovuto concentrarsi sul dramma familiare e morale della storia principale. Il finale dava spazio a una seconda stagione che non ci sarà, possiamo dire per fortuna!

Informazioni su Giulia Pugliese 12 Articoli
Giulia Pugliese Scrittrice Educazione 2011 - Master in EUC Group & CEERNT European Project 2006/2010 - Laurea triennale in Cooperazione allo sviluppo Esperienze lavorative 2024 - Scrittrice di critica cinematografica per il blog online Odeon 2023 - Scrittrice di critica cinematografica per il blog online I-Films 2022/2023 - Scrittrice di critica cinematografica per il blog online Long Take Premiazioni Vincitrice del concorso di scrittura per la critica cinematografica over 30 indetto da Long Take Film Festival quinta edizione - 2023
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