Agnès Varda,la Nouvelle Vague raccontata al femminile

di Roberto Nepoti (da Repubblica 30 marzo 2019)

A quanti cineasti, soprattutto se donne, è stata intitolata una via? Ad Agnès Varda, scomparsa nella notte tra giovedì e venerdì a novant’anni. La “Traverse Agnès Varda” è in Francia: a Sète, dove si trasferì adolescente (era nata in Belgio il 30 maggio 1928). L’hanno etichettata come “la regista della Nouvelle Vague”. Ma è riduttivo definirla solo regista: è stata anche fotografa e artista plastica, esperta in installazioni, sperimentatrice di linguaggi. Inoltre, fu esponente di punta del — contemporaneo —”cinema della Rive Gauche”, assieme ad Alain Resnais e Jacques Demy, marito e collega rimpianto e celebrato in tre film (tra cui Garage Demy). Di certo, nel rinnovato clima di quegli anni, Agnès fu l’unica cineasta a portare avanti istanze femminili (gli sguardi di Godard e degli altri restavano essenzialmente sguardi di uomini). In un rapporto di forze sfavorevole alle donne, Varda racconta storie di dis•alienazione: Cléo si ribella alla sua immagine di seducente ragazza destinata all’amore; Mona (Sandrine Bonnaire) è una vagabonda in rivolta contro il mondo. I film di Varda sono i soli che raccontino personaggi femminili come istanze di coscienza, anziché come rappresentazioni maschili. Da giovane Agnès aveva studiato fotografia a Parigi, poi aveva debuttato con un lungometraggio, La pointe coute (1955), dotato di tutti i caratteri dell’emergente Nouvelle Vague: indipendenza, realismo, personaggi quotidiani. A farla conoscere fu, nel 1961, Cléo dalle 5 alle 7, cronaca di una giovane che vaga per Parigi in attesa di un responso medico. Spesso soggiornò negli Stati Uniti, dove girò film hippie e conobbe Jim Morrison. Fu attiva nel movimento femminista, firmando film e manifesti.

Agnes Varda dies at 90

Realizzò dodici lungometraggi, i più noti dei quali sono Les créatures, Senza tetto né legge (Leone d’oro 1985),Kung-Fu Master, Cento e una notte (1995). Particolarmente importante Documenteur del 1981; dove si dimostra come tutto nel cinema sia finzione: perfino il documentario. Eppure di documentari ne fece tanti: dal collettivo Lontano dal Vietnam (1967), con Godard, Ivens, Resnais, aBlack Panthers (1968), da Visages, Villages, realizzato in crowdfunding solo due anni fa, all’autobiografico Vardapar Agnès•Causerie, la sua ultima opera. Per tutto questo tempo la regista — inconfondibile nella sua acconciatura a caschetto bicolore — se n’è andata in giro per il mondo, collezionando trofei da far invidia a qualsiasi collega maschio, tra cui l’ Oscar alla carriera nel 2017.

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