May December (2024) di Todd Hayne: tre personaggi in cerca d’autore

“È una storia molto umana e molto complessa” Elizabeth Berry (Natalie Portman), May December

Perché le persone sono così attratte dallo spiare la vita degli altri? Dal sapere cosa gli altri fanno? Quanta necessità abbiamo di entrare dentro le vite degli altri, di carpirne i segreti, di conoscerne i loro pensieri più intimi e di capirli. A volte lo spiare è semplice curiosità, altre volte è un po’ come volerne rubare momenti, pensieri e intenzioni.
Todd Hayne è il regista dell’apparire e del fingere di essere altri: in “Velvet  Goldmine” un giornalista scopre che una rockstar data per morta è in realtà un altro artista; in “Lontano dal paradiso”, ambientato negli anni ’50 in America i protagonisti, interpretati da Dennis Quaid e Julianne Moore, rappresentano la perfetta coppia borghese dell’epoca, ma lui è omossessuale e lei s’innamorerà del giardiniere di colore; in “Io non sono qui” alcuni personaggi fingono di essere altre persone, ma la verità che solo lo spettatore sa è che tutti rappresentano un periodo della carriera di Dylan; in “Carol” due donne, un’alto-borghese e l’altra proletaria, devono nascondere di essere attratte dalle donne e di amarsi. I film di Todd Hayne sono molto luminosi, come a mostrare che tutto avviene alla luce del sole, ma in realtà ci dimostra che quello che è sotto i nostri occhi è anche quello che è più difficile da vedere.
Possiamo quindi dire che in tutti i film del regista, i personaggi recitano, ma per la prima volta nella sua carriera Todd Hayne fa un film meta-cinematografico: un’attrice Elizabeth Berry (Natalie Portman) accetta di interpretare sul grande schermo Gracie Atherton-Yoo (Julianne Moore), che è finita in prigione e sui giornali scandalistici, vent’anni prima, per avere avuto una relazione con il tredicenne Joe Yoo (Charles Melton), ora suo marito. I due hanno superato lo scandalo, vivono normalmente e alla comunità non sembra più importare del loro passato.

Il cinema è da sempre affascinato dal tema del doppio e il film ha chiari riferimenti alla pellicola per eccellenza su questo “Persona” di Bergman (lo dimostrano anche le scene allo specchio delle protagoniste), ma anche a “Viale del Tramonto” e a “Eva contro Eva”. Infatti le due donne entrano subito in competizione, Gracie spesso parla per rimarcare la sua diversità da Elizabeth e la sua innocenza “sono sempre stata ingenua, è stata una forma di dono”, ma molto presto capiamo che Elizabeth non è l’unica persona che recita. Sembra infatti che tutti lo facciano come se la comunità di Savannah, dove la storia è ambientata, fosse un palcoscenico teatrale ed Elizabeth da attrice fosse spettatrice di tante piccole verità su una storia di cui non sapremo mai la verità. Il film è una grande intervista collettiva ai cittadini, non abbiamo idea di chi dica la verità o chi menta, tra tutti il figlio di Gracie, Georgie (Cory Michael Smith) che dice cose orribili su sua madre, ma la cui madre sostiene di avere un rapporto stretto con lui e di sentirlo telefonicamente tutti i giorni.
Da subito il regista mette un’enfasi forse eccessiva nella drammaticità della narrazione con temi musicali e messa in scena di vita quotidiana usando tecniche in stile camp e angolazioni strette sui personaggi, per creare una tensione che sarà presente in tutto il film, senza però avere un apice. Hayne gioca con lo spettatore raccontandogli una storia scabrosa e fastidiosa, due personaggi femminili pronti a tutto e una ricerca della verità solo apparente, ne vuole testare il limite morale e la tenuta. 

 Il cinema vuole raccontare ma non è più alla ricerca di una verità, c’è lo diceva già Kurosawa nel 1954 con i Sette Samurai e lo dice oggi Anatomia di una caduta, l’attrice Elizabeth dice di voler trovare la verità o di voler scavare abbastanza da farsi una sua idea sulla storia d’amore tra Gracie e Joe, ma non è questo il suo reale interesse, la verità è un’altra. Lo dice anche sul set “facciamone un’altra sta diventando più reale”, ma come può essere reale una messa in scena?
Il film ha involontariamente delle similitudini con “Anatomia di una caduta”, perché mette in scena non una, ma ben due protagoniste per cui non riusciamo a patteggiare e che ci infastidiscono, ci fanno sentire poco confortevoli, inoltre non capiamo se nel dare giudizi su questa storia siamo influenzati dai nostri pregiudizi e dalle nostre idee sul mondo (anche qui sulla questione di genere, culturalmente facciamo fatica a considerare un uomo una vittima, immaginatevi invece se Gracie fosse un uomo e Joe, una ragazzina di 13 anni). Tuttavia, anche se lo smarrimento dello spettatore è riuscito, questo si ritrova senza un ancoramento a qualcosa, il film di Hayne esagera e perde il punto. Alla fine del film, i bruchi di Joe diventano farfalle come Elizabeth compie la perfetta metamorfosi diventando Gracie, ma a che prezzo?

La storia è interessante, la sceneggiatura è ben scritta gioca con i nostri più bassi istinti di conoscenza di dettagli scabrosi e di razionalizzare i comportamenti umani, la messa in scena a volte non è adeguata, ma per lo più nel film vengono fatte scelte interessanti, cinefile e personali e le due attrici bravissime, credo che sia stato manchevole da parte dell’Academy non candidare all’Oscar nessuna delle due. Quello che proprio non torna è il personaggio di Gracie, Hayne e la sceneggiatura passano il tempo a creare dei personaggi complessi e umani, per poi disfare tutto. “May December” è un complesso gioco di sguardi e di verità che affascina, ma poi non va oltre, perché si perde nella forma e lo spettatore si sente anche un po’ tradito perché non capisce dove il film vuole portarlo.
Forse siamo tanto interessati alla vita degli altri perché vogliamo cogliere quella sfumatura di grigio che tanto interessa ad Elizabeth quando sceglie i suoi ruoli.

Informazioni su Giulia Pugliese 25 Articoli
Giulia Pugliese Scrittrice Educazione 2011 - Master in EUC Group & CEERNT European Project 2006/2010 - Laurea triennale in Cooperazione allo sviluppo Esperienze lavorative 2024 - Scrittrice di critica cinematografica per il blog online Odeon 2023 - Scrittrice di critica cinematografica per il blog online I-Films 2022/2023 - Scrittrice di critica cinematografica per il blog online Long Take Premiazioni Vincitrice del concorso di scrittura per la critica cinematografica over 30 indetto da Long Take Film Festival quinta edizione - 2023
Sottoscrivi
Notificami
guest
2 Commenti
Il più vecchio
Il più recente Il più votato
Feedback in linea
Visualizza tutti i commenti
Letizia Piredda

Ciao Giulia, ho visto finalmente MayDecember e sono fondamentalmente d’accordo con la tua bella e esauriente recensione. Non condivido tanto la conclusione, cioè quando dici che Heynes passa il tempo a costruire personaggi complessi e umani per poi disfare tutto. Il gioco di sguardi che si innesta con l’arrivo di Elizabeth nella famiglia di Gracie e che culmina nella scena in cui loro si guardano prima allo specchio poi si guardano l’una di fronte all’altra e poi guardano il pubblico, credo sia il nucleo centrale del film: il gioco tra identità individuale e sè sociale, cosa voglio far prevalere l’immagine che io ho di me, come credo di essere, o l’immagine che mi restituisce l’altro, e lo sguardo rivolto a noi pone lo stesso interrogativo, in quale specchio riponiamo la nostra identità.
Giustamente hai individuato delle analogie tra questo film e Anatomia di una caduta che sottolinea la complessità e la difficoltà di arrivare alla realtà dei fatti; in MayDecember lo sguardo di Elizabeth su Gracie e la sua famiglia mette in crisi e finisce per sgretolare le certezze che ognuno si è costruito negli anni, a cominciare da Joe che finisce col farsi consolare dal figlio, nulla cambia da una generazione all’altra, e per finire con l’affermazione di Gracie “io sono sicura di me stessa, cerca di farlo sentire”, mentre non molto tempo prima abbiamo visto la sua disperazione di fronte al venir meno degli ordini delle sue torte.