di Letizia Piredda
Un altro aspetto del Noir che merita di essere approfondito riguarda la dimensione spaziale e temporale.
Considerate separatamente, si può dire che, la caratteristica tipica della dimensione spaziale è la “claustrofobia”, che viene resa mediante una serie di elementi: porte, finestre, scale, ombre. Elementi questi che concorrono a sottolineare la condizione di essere in trappola (Robert Porfirio,1976 ).
Per quanto riguarda la dimensione temporale, la connotazione principale
è data da un’ingombrante e incombente presenza del passato, da cui non è possibile riscattarsi: è un passato irrecuperabile, un destino già segnato. L’ordine cronologico è complesso con un ricorso insistito al flashback.
Ora anche in altri generi come l’horror è presente un’atmosfera claustrofobica; e d’altra parte, nel melodramma i protagonisti scontano nel presente le colpe del passato.
Il Noir però presenta una peculiarità assoluta rispetto agli altri generi: cioè tra piano temporale e piano spaziale, si stabilisce una continua contaminazione.
Vediamo come. Anzitutto nel noir c’è un’assenza strutturale: la casa e l’ambiente domestico, che vengono sostituiti da luoghi provvisori, come camere d’albergo, stanze in affitto, motel, bar, locali notturni (Vivian Sobcak, 1988). I personaggi sono individui sfaccendati e ambigui, uomini in attesa, che indugiano, vivono alla giornata; di conseguenza sia lo spazio sia il tempo sono caratterizzati da un elemento comune : la “provvisorietà”.
Per lo più i protagonisti sono braccati da malviventi che li vogliono eliminare, innocenti ricercati dalla polizia, evasi di prigione che non intendono essere arrestati per la seconda volta.
In altri casi si tratta di individui schiacciati da esperienze passate, che non vogliono più cimentarsi nell’arduo compito di ricostruirsi un’esistenza (ad es. lo Svedese de I gangsters).
Una delle conseguenze di questa provvisorietà è che nel Noir il tempo della storia in genere è sempre molto breve: l’arco è di qualche giornata o di sole 24 ore. Inoltre tra notte e giorno c’è una divisione netta: la notte non è mai il prolungamento naturale del giorno, ma diventa un universo a se stante attraversato da azioni (delitti, tranelli, adulteri) e immagini (personaggi fermi nell’ombra, ambienti trasfigurati dall’oscurità, strade male illuminate).
In Smarrimento il protagonista, metodico, preciso, responsabile, dopo l’incontro con Nora, si perde: non è più puntuale al lavoro, comincia a frequentare night club e ristoranti, e dopo aver abbandonato la casa e la famiglia, si sposta in una camera d’albergo a New York. La parola ritornante è “schedule” (agenda, scaletta) per sottolineare la sua incapacità a dominare il tempo. Il protagonista fa quindi un percorso spazio-temporale che lo porta ad abbandonare gli ambienti domestici e professionali (che scandiscono il tempo) per luoghi caratterizzati dalla provvisorietà.
Come ho già accennato prima, nei film noir la storia si svolge in un arco di tempo breve: qualche giorno o anche solo nelle 24 ore.
Per lo più la storia non rispetta l’ordine cronologico, ma è inframmezzata continuamente da flashback. Questo uso sistematico del flashback è stato interpretato come un prevalere del passato sul presente,dovuto all’incapacità del protagonista di rimuovere i misfatti compiuti, di cui prima o poi dovrà pagare lo scotto.
Di fatto in molti film c’è la compresenza di passato e presente facendo ricorso a due modalità: con l’attivazione di due movimenti temporali successivi, uno all’indietro e il secondo in avanti (Il tempo si è fermato) oppure con una serie di interruzioni del flashback, in cui viene inquadrato il personaggio che racconta gli eventi (La fiamma del peccato). Questa compresenza di passato e presente dovrebbe corrispondere ad una difficoltà da parte del protagonista a distinguere o separare eventi passati da quelli attuali e futuri, e ancora meglio a scindere i ricordi dalle attese, nella ricostruzione delle vicende personali. In questo modo il passato si mescola ai fatti presenti e/o futuri, diventando indistinguibile da essi. Non a caso in molti film noir assistiamo a casi di amnesia, con una perdita totale dei fatti anteriori, o ad una costante paura che quello che li aspetta sia, per un inevitabile maledizione del destino, uguale a quello che già hanno vissuto. Se da un lato l’uso ripetuto del flashback è funzionale alla rappresentazione di una dimensione temporale contorta, caotica, labirintica, in molti casi anche quando si procede con una narrativa lineare, il passato si insinua nel presente producendo una forte scompagine temporale.
Infine un elemento ritornante nel Noir è la strada, spesso avvolta nel buio, priva di punti di riferimento, di inizio e di fine: sembra spazializzare il tempo, sottolineandone non tanto la polidirezionalità, ma la ripetitiva uniformità, per rimarcare l’impossibilità di una logica progressione verso una mèta. Questo aspetto è reso in modo magistrale in Detour, dove il protagonista, schiacciato da un destino malefico, si trova ad essere coinvolto in due omicidi che non ha commesso, ma senza nessuna possibilità, nonostante i suoi sforzi, di dimostrare la propria innocenza.
Leonardo Gandini Il film noir americano, Lindau, 2001
Viviana Sobchak Lounge time: Postwar crises and the Chronotope of film noir in :Nick Browne (a cura di), Refiguring American film genres, University of Californian Press, Los Angeles, 1988
Robert Porfirio, No way out: Existentials motifs in the “Film Noir”, “Sight and Sound”, vol.45, 4, 1976
FINE