Brevi note sull’uso strumentale e propagandistico dei filmati dell’Istituto Luce negli anni Trenta

di Stefano Cecini

Il giornalista Luciano De Feo è tra i primi in Italia a intuire le potenzialità espressive del nuovo mezzo cinematografico orientato non ai fini dell’intrattenimento, bensì a quelli educativi; il cinema appare uno strumento capace di arrivare con maggiore rapidità e incisività a colpire l’attenzione e la fantasia dell’utente rispetto ai mezzi finora utilizzati come la stampa o la scuola.

Nel 1924 De Feo fonda il Sindacato Istruzione Cinematografica (S.I.C.). Subito in difficoltà economiche e alla disperata ricerca di finanziamenti per la sua impresa, De Feo pensa di impressionare lo stesso Mussolini producendo un documentario che lo riguarda e proiettandolo, assieme ad altri lavori, allo stesso duce, che, da parte sua, coglie immediatamente l’importanza di cooptare al nuovo regime tale progetto. Nasce così l’Unione Cinematografica Educativa (L.U.C.E.), Società Anonima ma di capitale pubblico. Per la prima volta nel mondo occidentale (mentre realtà simili erano già sorte in Ungheria e in U.R.S.S.) nasce una società di Stato per la produzione di film. Nel luglio del 1925 la Presidenza del Consiglio dei Ministri dirama una circolare ai Ministeri della Pubblica Istruzione, dell’Economia Nazionale, delle Colonie e degli Interni in cui invita i dicasteri suddetti a servirsi esclusivamente dell’organizzazione tecnica del LUCE a scopi educativi e propagandistici. Nello stesso anno il LUCE diventa ente morale di diritto pubblico con il Regio Decreto Legge n. 1985 del 5 novembre 1925. Nel 1927 viene creato il cinegiornale Giornale LUCE, destinato a venire proiettato obbligatoriamente in tutti i cinema d’Italia prima della proiezione dei film. Nei paesi sprovvisti di vere e proprie sale cinematografiche sono le piazze principali – quelli dove sorge la Chiesa – a ospitare su schermi improvvisati il verbo del nuovo regime. Così il luogo fino a quel momento deputato ad accogliere i fedeli per la celebrazione delle feste religiose, è lo stesso che da questo momento accoglie la popolazione per la celebrazione di una nova liturgia di massa.

Nei primi numeri prodotti prevalgono nettamente i servizi dall’estero, soprattutto le curiosità sulle cronache italiane. Nel 1932 invece, anno in cui ricorre il decennale della Marcia su Roma, il rapporto è molto cambiato: ora l’attenzione all’interno supera quella delle cronache dall’estero. Se Mussolini è sicuramente il personaggio più presente già da questi anni, è interessante notare che l’aspetto propagandistico non è ancora in primissimo piano. La fanno da padrona le celebrazioni civili e militari, le feste e le fiere. Oltre al duce, un’attenzione molto marcata è riservata agli uomini di casa Savoia, Vittorio Emanuele III e il futuro Umberto II. I cinegiornali LUCE nascono durante l’epoca del cinema muto e acquistano la voce verso il 1931. All’inizio si tratta essenzialmente di suoni in presa diretta e commento musicale. Bisognerà quindi aspettare il maggio del 1934, e per la precisione il numero B0468, per avere le prime immagini commentate da una voce fuori campo, che soddisfano maggiormente le esigenze di propaganda più esplicita. I numeri più frequenti negli anni dei cinegiornali sono quelli relative alle Manifestazioni del regime fascista, alle Opere pubbliche del fascismo e alle imprese coloniali nell’Africa Orientale. Mussolini continua ad essere il personaggio più filmato, ma un’attenzione particolare viene dedicata al segretario del partito Achille Starace e al ministro degli esteri Galeazzo Ciano. Ancora alta l’attenzione ai reali[1].

Un piccolo esame di alcuni tra i moltissimi esempi che si possono fare, ci aiuta a tracciare un percorso dell’evoluzione della rappresentazione della figura di Mussolini da parte dei filmati dell’Istituto Luce.

La presenza solenne Secondo alcuni storici la rivoluzione fascista figurativamente può essere rappresentata dal vecchio regime liberale che indossa la camicia nera. Possiamo anche dire che, immediatamente dopo la temperie “rivoluzionaria”, come un chiasmo, lo stesso duce abbandona la camicia nera per indossare le tranquillizzanti vesti


[1] Cfr. Fiamma Lussana, L’Istituto Luce, dal fascismo alla liberazione, (1924 – 1945), Roma, Carocci, 2018.

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