The Wasteland di Ahmad Bahrami, Iran, 2020 Sezione Orizzonti
di Letizia Piredda
Può essere considerato un film neorealista, per l’uso del formato stretto e del bianco e nero, ma con tratti sperimentali di quella che è stata definita la seconda nouvelle vague del cinema iraniano, post rivoluzione. Girato in una terra desolata, desertica, il film è incentrato sulle condizioni di lavoro disumane dei lavoratori, tra cui anche bambini, in una fabbrica di mattoni, dove la violazione dei diritti fondamentali, prima ancora di quelli del lavoro, è all’ordine del giorno.
C’è un uso frequente di carrellate lente che, a tratti seguono l’azione, e a tratti se ne distaccano, lasciando il sonoro in fuori campo e un uso reiterato di alcuni movimenti di macchina, per dare il senso di lentezza, di monotonia della vita quotidiana e dell’immobilismo sociale. Figura centrale del film è Lotfollah, sorvegliante della fabbrica, ma soprattutto intermediario tra il padrone e gli operai, che interviene sempre e comunque per ridurre le tensioni, sostituendo nei vari compiti ora l’uno ora l’altro operaio…