L’europa che vorremmo

In ricordo di Giorgio Strehler
a cura di Tano Pirrone

Prima di buttare i giornali, che numerosi proliferano a casa dò sempre una scorsa veloce per controllare che insieme con quell’acqua abbondante non sia buttato anche qualche articolo sfuggito a suo tempo e . vivaddio – utile e attuale ancora oggi. Così in un Robinson – la fortunata appendice culturale di Repubblica – di qualche settimana fa alle pagg. 32/33 si commemora Giorgio Strehler nel centesimo anniversario della sua nascita (Trieste, 14 agosto 1921). Oltre l’articolo commemorativo, in forma d’intervista, curato da Anna Bandettini, un ritaglio riporta quanto scritto dal regista e direttore artistico nel 1995 dopo la sua esperienza di deputato al Parlamento europeo (1983-84). Il testo, che riportiamo per gentile concessione dell’archivio del Piccolo Teatro, è intitolato “L’Europa che vorrei”. Argomento vivo venticinque anni fa e ancor più vivo e pressante oggi.

Giorgio Strehler, l’inchino

«L’Europa che elimina i passaporti e unifica le monete, non si preoccupa dell’Altra Realtà, quella della cultura. Ma poiché questa è una realtà indomabile, l’Europa culturale continua ad estendersi, a mostrarsi (…) per volontà dei singoli Stati nazionali), per le ineluttabili ragioni della Cultura e dell’Arte che si ritrovano, si scambiano gusti e emozioni, si eccitano reciprocamente per spontanea necessità o germinazione (…) Noi europei al di là e contro la tendenza delle istituzioni che dovrebbero rappresentarci, continuiamo a leggerci, a tradurci, a scambiarci musica e teatro, parole e immagini e idee perché questo è il destino delle opere della cultura umana. (…) Quando io dirigo (…) un’opera lirica in un teatro italiano, o francese o tedesco, con un direttore d’orchestra americano o inglese, con cantanti italiani, tedeschi, austriaci, spagnoli, russi, romeni, con un’orchestra italiana o tedesca o viennese, con un coro di mille nazioni, con decine e decine di individui che portano con sé identità di altre singole culture; ebbene, in questi casi, inventando arte e lingua, tutti questi individui “fanno” sul serio un’Europa culturale (…) al di là di tanto inutile dispiegarsi di istituzioni comunitarie, di commissioni, sotto-commissioni, commissari e sotto-commissari agli affari culturali europei che nulla costruiscono. (…) Un’altra Europa che deve farsi carico di ciò che esiste e deve stimolare altre realtà affinché esse prendano forma e sostanza. In questo modo, l’Arte potrà finalmente trascinare dietro di sé mercati, monete e frontiere, fino a farci tornare a credere che la costituzione di un Umanesimo europeo sia veramente un sogno realizzabile da tutti e non solo una grande utopia di pochi.»

Informazioni su Tano Pirrone 88 Articoli
Sono nato in provincia di Siracusa, a Francofonte, l’antichissima Hydria dei coloni greci, quaranta giorni prima che le forze alleate sbarcassero a Licata. Era il 14 maggio 1943. Ho frequentato il liceo classico, ma non gli studi per giornalista, cui ambivo. Negli anni ’70 ho vissuto due lustri a Palermo, dove ho lavorato in fabbrica, come impiegato amministrativo- commerciale. Nel 1981 mi sono trasferito a Roma per amore di Paola, oggi mia moglie. Sono stato funzionario commerciale e Project Manager nel Gruppo Marazzi. Infine consulente d’azienda per Organizzazione Aziendale e Sistemi Qualità. Curo le piante della mia terrazza, vedo gente, guardo film e serie tv, vado a cinema e a teatro, seguo qualche mostra; leggo, divagando e raccogliendo fior da fiore, e scrivo di cinema, libri e teatro per Odeonblog; di altre cose per me stesso. Ho pubblicato anche su Ponza Racconta, Lo Strillo, RedazioneCulturaNews ed altri siti di cinema e teatro. Ho due figli, Francesco e Andrea, ed avevo un cane, Bam, che sta sempre con me dovunque io vada. Sono faticosamente di sinistra; sono stato incendiario ed ora dovrei essere ragionevolmente pompiere.
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