Napoli a Cinecittà con Francesco Patierno

di Lorenza Del Tosto

– Cosa cerchi a Napoli? Cosa trovi ogni volta che ci torni con i tuoi film?
Questo siamo venuti a chiedere a Francesco Patierno oggi arrivando a Cinecittà in una magnifica giornata di sole.
Il traffico convulso degli acquisti di Pasqua si è dissolto tra le aiuole e gli edifici bassi pieni di tesori di questa mecca romana del cinema che sembra rifulgere di nuovo splendore. Tutto è ordinato, pulito, volti che lavorano e sorridono in un bel bar con i tavolini al sole dove Francesco (Napoli, 1964) ha promesso di sedersi a parlare con noi di Naples 44, tratto dal libro di Norman Lewis, giovane ufficiale inglese di stanza a Napoli nell’ultimo anno di guerra. Un gruppo di amici cinefili ha scoperto da poco questo suo bellissimo film del 2016 (1) e ci ha mandato qui per saperne qualcosa di più.

Abbiamo conosciuto Francesco tanti anni fa, quando viveva già a Roma, e ogni tanto lo accompagnavamo nei suoi ritorni a Napoli, dove lo vedevamo percorrere strade e quartieri sempre in cerca di qualcosa che forse adesso ha trovato.

Francesco Patierno, alcune immagini del film Napoli ’44, 2016

Ci viene incontro ai tornelli, ma, di sedersi al bar, Francesco proprio non ci pensa e ci fa segno di seguirlo. Oggi gira l’ultima scena del suo film in lavorazione. Ci informa. È arrivata la stunt che deve lanciarsi da un quinto piano ed è bene che, prima di buttarsi, veda la scena in cui verrà inserita la sua caduta, ti pare?
Certo. Nulla da obiettare.

In fretta, percorrendo vialetti, salendo e scendendo scale, Francesco ci racconta dei suoi ultimi progetti: La peste girato a Napoli durante il lockdown, un film per famiglie che girerà a breve su al Nord, con il suo entusiasmo di sempre, ma non si pensi ad un entusiasmo fatto di salti e di iperboli, c’è in lui una sorta di distacco, di ironia nobile, di risata smorzata, di pensiero che è già corso altrove. Un pensiero guizzante e calmo, uno zen napoletano.
E c’è spesso di mezzo, come questa volta, l’autore o l’autrice di un libro che l’ha colpito.
– Una storia pazzesca – dice, sempre Francesco. Una storia che lui assorbe, fa sua e trasforma in immagini, così è stato per Pater Familias, per Diva, per Naples 44 (era stato suo padre a consigliargli di leggerlo).
Quasi sempre sono autori napoletani, o storie legate a Napoli, con cui entra in sintonia come se fossero altre parti di sé, di un qualcosa di cui, insieme ad altri, sarà più facile definire la forma. Sempre a Napoli si torna.

Anche questa che stiamo per vedere è “una storia pazzesca” ci spiega Francesco con il suo passo veloce, i suoi occhiali dalle lenti tonde e i gesti eleganti delle mani, lo zainetto sulle spalle: si sente a casa qui a Cinecittà e vuole che ne godiamo anche noi. Apre una porta ed eccoci accolti in una bella stanza con le tapparelle abbassate dove siedono due giovani donne: Renata Salvatore, la montatrice seduta davanti allo schermo con un fare calmo e gli occhi penetranti, e una ragazza con la coda di cavallo e il corpo che freme di energia.
C’è qualcosa di intenso in questa stanza dove ci troviamo precipitate senza sapere bene cosa ci aspetta, una sorta di zen che pulsa e ci dà l’impressione che non potremmo trovarci in un posto migliore.

Titolo del film: Svegliami a mezzanotte. Le immagini iniziano a scorrere sulla tela bianca e noi veniamo trascinati nel cuore della storia autobiografica di una donna che, all’età di poco più di trent’anni e con una figlia di quattro mesi, si è buttata da un quinto piano ed è sopravvissuta.

Dalla singola scena, dove andrà inserita la caduta, vediamo tutto il film: immagini che raccontano con poesia e intensità una storia altrimenti impossibile a dirsi.
È lo stile di Francesco che più amiamo, la stessa tecnica usata in Naples 44, storie costruite con materiali d’archivio, un racconto poetico fatto per associazioni dove il ruolo del montaggio è fondamentale. Infatti si avverte  la danza armoniosa tra il regista e la montatrice che siede in silenzio e sorride quieta con due occhi scuri pieni di mondo.

Una fiducia nata tra loro ai tempi della gavetta con le pubblicità e i video istituzionali. – È così che è iniziata – ci dirà più tardi Francesco – Magari dovevamo girare un video per la Tim e in sceneggiatura era scritto: “scena tra una folla rumorosa” e io non avevo i mezzi per trovarmi una folla rumorosa tra cui girare. Per cui ho cominciato a rovistare tra i materiali d’archivio della società. E da lì è nato un modo di raccontare che sento tutto mio. È scattato un meccanismo, ho capito che era un modo potente di costruire una storia, la prima volta che l’ho usato è stato ne La Guerra dei Vulcani il mio film che ha avuto più successo in tutto il mondo. Una cosa inaspettata.
E ogni tanto, ricordandosi  che siamo qui per Naples 44, ci concede allusioni. Benedict Cumberbatch, ad esempio, splendida voce narrante di Naples 44 (2) ha firmato il contratto proprio perché aveva visto La Guerra dei Vulcani.

Terminata la visione Francesco prende gli ultimi accordi con la ragazza con la coda di cavallo e nel passaggio tra un edificio e l’altro racconta che l’Istituto Luce ha offerto una quantità immensa di materiali, è una vera miniera d’oro in cui ama affondare le mani: – È la cosa che amo di più. Quando per la prima volta ho visto In the mood for love (3) sono rimasto folgorato. Ho pensato: è questo che voglio: una narrazione frammentaria che permetta di ricostruire i meccanismi con cui lavora la mente.

Un percorso di associazioni che consente di raccontare storie come quella di Svegliami a mezzanotte dove l’autrice si mette a nudo con la sua diagnosi di bipolare di fronte ad un marito, una figlia e al mondo.
– Si tratta di costruire storie con immagini che non giri ma che evochino l’emozione, è un lavoro d’archivio che faccio da tempo e che, con il tempo e l’esperienza, si affina. Un esempio banale: se cerco una persona triste posso trovare un fiore che muore dando il seme. A volte le scoperte sono casuali. Una volta mi servivano scene di passaggio  nel viaggio alla scoperta di nuovi comici per Rai 3 e, nella fretta, ho messo delle immagini a caso di acrobati a cavallo che non c’entravano nulla e poi mi sono accorto che erano perfette. Ci sono serendipità.
– E come funziona questa ricerca delle immagini? – gli chiediamo.
– Chiami il capo dell’archivio e dici mi servono immagini di nubi, di fiori e ti arrivano dei file e a quel punto si mette in moto tutto un processo; magari cerchi la pioggia e ti arriva un sole che è perfetto e che, capisci, è molto meglio della pioggia. Inizio a lavorare da solo e poi con Renata, la montatrice. Ci conosciamo, sappiamo cosa vogliamo, ed è lei dopo che lavora da sola, ma perché funzioni lo schema deve essere precisissimo. Ci vuole una sceneggiatura di ferro che suggerisca tutta l’emozione e la verità di una storia.

Svegliami a mezzanotte è stata la sceneggiatura più difficile da scrivere, che gli ha richiesto più tempo. L’autrice del libro gli ha consegnato un intero trolley pieno delle agende da lei scritte negli anni. E lui le ha lette tutte: – mica solo le pagine che lei aveva segnato con i post it! – ride Francesco e si infervora in quel suo modo distaccato:
– Quando sogno non ho sempre voglia di ricostruire la storia del sogno, mi interessa l’emozione che mi lascia. Così quando racconto non voglio organizzare la materia, preferisco abbandonarmi alla natura dei sogni e corro anche dei rischi, certo, perché a volte la narrazione è più comprensibile e a volte meno, ma mi interessa l’emozione che provi. Da quando sono tornato al disegno e alla pittura, che erano mie passioni da ragazzo, ho scoperto quanto è importante per me l’incompiuto. Lascia libertà allo spettatore e permette di mantenere il meccanismo della vita e anche delle tue giornate che sono fatte di cose contraddittorie: tristi e allegre, una accanto all’altra, e non le puoi mica ordinare. A rischio di sembrare New Age più vado avanti nella vita e più provo il bisogno di essere parte della natura, in armonia con le cose e faticosamente sto cercando di mettere a punto una tecnica perché questa armonia appaia naturale nelle mie storie. Uno sforzo enorme come imparare a respirare. Puoi metterci vent’anni anni ad imparare a respirare bene, eppure il respiro dovrebbe essere la cosa più semplice, giusto?      

Anche Svegliami a mezzanotte è storia di Napoli: l’autrice è di Napoli ed è lei che ha cercato Francesco per trasporre la sua vita in immagini. Napoli è una fucina di storie che gli vengono affidate perché lui ne estragga qualcosa, ne colga il cuore.

– All’inizio da Napoli sono scappato – racconta Francesco, tra un impegno e l’altro (ci sono in ballo anche le correzioni di sceneggiatura per il film che tra poco inizierà a girare), mentre aspettiamo che tutto sia pronto per girare l’ultima scena.
– Mi sentivo intrappolato, ma sono fiero di essere nato lì. Sai le cose per capirle devi vederle da lontano. Napoli è una città che rompe gli schemi e in questo io sono napoletano fino al midollo. È stato fondamentale mio figlio, ora mi piace vedere Napoli attraverso i suoi occhi. Dalla prima volta che è venuto con me ha sentito che Napoli è un posto che lo fa stare bene. Lo rilassa dalle sue ansie. Lo fa sentire molto accolto, ha trovato una vita sociale. A Napoli ti vengono a prendere per portarti ad una festa e in macchina sono già in otto, e questo a volte fa bene. Soprattutto ai ragazzi che hanno sofferto in modo speciale questa pandemia.

– E ora cosa cerchi a Napoli, Francesco? Cosa hai trovato? – torna la domanda che ci ha portato qui, ma Francesco ha accordi da prendere, cose da fare e controllare quale vestito indosserà la stunt per la caduta e ci dice che il padre che gli ha consigliato il libro di Norman Lewis “se vuoi capire come era Napoli sotto la guerra lo devi leggere” suo padre che, durante un bombardamento, camminava sul marciapiede di sinistra e ha visto morire tutti quelli che camminavano sul marciapiede di destra, quel padre che accompagnava al cimitero di Napoli, è morto due anni fa ed è quando si è ammalato che Francesco ha riscoperto le sue vecchie passioni del disegno e del bozzetto. “È stato a Stromboli e ora voglio continuare”.
Ma è come se suo padre fosse presenza troppo viva e reale, una presenza solo da sfiorare.
– Sono contento di avergli regalato un bel momento: l’uscita di Naples 44 era molto attesa. Napolitano, allora presidente, mi ha chiesto di poterlo vedere. E abbiamo organizzato una proiezione privata; c’erano Napolitano e la moglie, c’era Raffaele La Capria e c’era mio padre. Il film lo ha molto colpito”.

Uscita americana del film Napoli ’44

Mentre la stunt (4) si prepara e tutti gli occhi sono per lei, per questa ragazza che sembra così tranquilla all’idea di cadere dal quinto piano. Ha iniziato andando a cavallo, una storia che avrà raccontato mille volte, poi al suo maneggio il proprietario lavora nel cinema per le acrobazie equestri e una cosa tira l’altra, lei fa soprattutto stunt con i cavalli ma è perfetta come controfigura della protagonista di questa storia e sì, ammette con una stretta di spalle, si è fatta male parecchio nel tempo: – Mi sono rotta di qua e mi sono rotta di là – ma sono incidenti che dà per scontati come una multa presa se hai fretta e passi con il rosso.

Intanto, fuori dal magazzino con il green screen (5) la montatrice aspetta in silenzio: è presenza discosta e attenta, con i suoi occhi scuri segue tutto, come se anche la vita fosse un grande archivio da cui attingere immagini e così le persone e i gesti: da chi prendere un sorriso, da chi un pensiero e un silenzio con cui costruire la propria giornata.
– Non sono molto propensa a parlare di me – si scusa con un sorriso. Lei lavora con le immagini e per lavorare ha bisogno di silenzio e di stare da sola. Se ne sta parecchio da sola davanti al monitor e – certo non fa bene – scuote la testa con un sorriso. Ma poi ci sono i tanti momenti collettivi, come oggi, in cui segue l’allestimento dell’ultima scena e affianca Francesco in ogni decisione.
Viene da L’Aquila, dove è tornata un giorno a caso a trovare i suoi genitori ed è stata proprio la notte terribile del terremoto, e aveva le idee non proprio chiare sul proprio futuro.
– Sai come è l’adolescenza: volevo fare psicologia e poi volevo fare l’attrice alla Silvio D’amico invece a L’Aquila hanno aperto l’Accademia dell’Immagine dove, come docente di montaggio, c’era il grande Roberto Perpignani che mi ha trasmesso la sua passione ed è stato un colpo di fulmine. Ero così felice – sorride – di aver trovato una cosa che mi piaceva fare.
Come quando dall’archivio arriva l’immagine inaspettata che è proprio quella che cercavi. Così all’Accademia dell’Immagine ha trovato l’immagine perfetta di sé che non credeva avrebbe mai trovato.
– Mi serve la solitudine per capire le cose. Per il mio momento creativo devo stare da sola. Avevo a disposizione una prima selezione  di materiale fatta dalle bravissime ragazze dell’Istituto Luce che si occupano proprio della ricerca Archivio Audiovisivi. Ti arrivano delle immagini e tu lavori con le suggestioni. Ad esempio ti ricordi “lo psichiatra delle salviette” come lo chiama lei nel libro? Bene mi arrivano tante immagini di psichiatri, ma l’autrice lo descrive come uno psicopatico e allora ho usato un’immagine e l’ho reso meccanico, l’ho mandato in reverse perché avesse l’aspetto robotico”

E mentre racconta la passione e il divertimento le illuminano il viso e sembra di vederla al monitor a creare immagini che suggeriscono mondi.
– Era un film che si prestava a giocare: ad esempio la donna bendata con l’ago suggerisce una storia tutta da ricucire. Sorride al ricordo delle piccole folgorazioni, dei momenti magici in cui immagine ed emozione, prima separati, infine coincidono e fanno un tutt’uno che arriva al cuore.
– Quando trovi l’immagine giusta è come trovare… – Non trova la parola – un tesoro. L’Istituto Luce è immenso e immenso il lavoro di ricerca. – 70 minuti solo di voci e immagini non era facile, era una vera sfida. Il lavoro con le immagini d’archivio è il più creativo.

Ora seguirà il lavoro di finalizzazione audio e video. Quello che abbiamo sentito prima era un mix provvisorio.
– È divertente, mi piace tanto. Il montaggio del suono è importante tanto quello del video. Il suono spesso arriva più nel profondo rispetto al video.
E mi spiega perché io capisca il gioco: – Sull’immagine della lampadina che si rompe puoi metterci un rumore di vetri infranti che è quello realistico oppure uno totalmente diverso che suggerisca altro…
Con un cenno del capo indica la porta dietro la quale stanno montando le scatole di cartone che accoglieranno e smusseranno la caduta della donna. E i suoi occhi quieti e profondi brillano: – Sarà bello trovare il rumore giusto per la caduta e il tonfo.
Già, quante cose può suggerire un rumore, un tonfo di corpo che cade e non muore?

Intanto Francesco si muove tranquillo, sembra fluire e scorrere da un luogo all’altro, controlla la sala, tutti lo salutano con un sorriso, lui sorride e ripete all’operatore degli effetti speciali che – …Va bene una caduta brutta, non serve che sia bella.

E ora che il ricordo di Napoli è come svanito e scomparso, assorbito dal verde del green screen, mentre Francesco parla e organizza il finale di questo nuovo racconto, ci sembra di capire che il protagonista di Naples 44 sia lui.
Come Norman Lewis, dopo anni, vaga nella Napoli dove era stato di stanza per ritrovare i luoghi che, a lui straniero, hanno catturato il cuore, così Francesco vaga nell’anima di Napoli attraverso le storie di altri. Come chi torna nella casa della propria infanzia a cercare il dettaglio che lo ha fatto diventare ciò che oggi è.
Cercare tra i materiali d’archivio è un po’ come girare per le strade della tua città.  Assemblare le immagini e montarle vuol dire anche provare a cercarne il senso come se assemblandole venisse fuori qualcosa che ti riguarda, magari la tua immagine. È strano ciò che finisci per trovare.

Poco fa, passando da un edificio all’altro in queste strade ordinate, Francesco ci ha detto: Ti ricordi in Naples 44 la scena con Totò di spalle? Lo volevo Totò perché lui è Napoli per me, non la risata, ma quella sua parte di malinconia, te la ricordi? Beh ogni volta che mi passava davanti, al montaggio, mi venivano le lacrime, mi veniva da piangere e non capivo perché. E poi d’un tratto mi sono ricordato: un giorno a Napoli, prima di Natale, ero andato con mio padre in una di quelle strade con i presepi, avrò avuto undici o dodici anni, a quell’epoca Napoli mi metteva un’enorme malinconia. Era una cosa mia: sentivo che avrei iniziato a vivere quando avessi iniziato a lavorare e smesso di studiare, soffrivo tanto l’ordine imposto, pensavo che solo l’età adulta mi avrebbe permesso di vivere. Comunque in quella strada con mio padre e ad un certo punto ho visto un vecchietto molto dignitoso…
E sembra che lo veda ancora lì davanti, che il vecchio sia apparso all’improvviso in uno di questi vialetti lindi di Cinecittà.
– Era vestito elegante con giacca e pantaloni, ma erano vestiti da due soldi di quelli che compri alla bancarella e gli stavano grandi e lui, con quel vestito povero, camminava con dignità cercando di mantenere un decoro nella sua miseria. E io ragazzino, di fronte a quello spettacolo, mi sono messo a piangere. Ho sentito una tristezza infinita. Quell’uomo era Napoli per me. Era tutto ciò che Napoli rappresentava.
Camminava Francesco con il suo passo veloce – Totò mi ha rivelato quel ricordo. E mi sono stupito. Pensa che moti incredibili ha l’inconscio che mi ha portato a scegliere quell’immagine. Vedi io non credo nel genio, nel singolo individuo che è un genio, ma geniali sono i moti dentro di noi che ricongiungono i fili.
Ricongiungere i fili è l’attività degli esseri umani in cerca di un senso. Francesco ricongiunge i suoi fili: – In ogni cosa che faccio c’è la stessa ossessione anche nelle cose che possono sembrare più lontane.

Ce ne andiamo da Cinecittà con l‘immagine della caduta della stunt che si lancia nel vuoto e atterra sulle pile di cartoni, a quanto pare il cartone è il materiale migliore per assorbire il colpo. Immagine che, al computer, l’operatore degli effetti speciali fa scorrere una e più volte fino a trovare il punto e le proporzioni giuste per la scena in cui va inserita.
– Io mi butto, mi lancio, senza ideologie, voglio vedere cosa scopro – ci ha detto Francesco.

– Cosa cerchi a Napoli, Francesco?
Forse questo: storie e ancora storie per un salto libero, per un tuffo spericolato nel cuore dell’umano. Un correre, lanciarsi e tuffarsi nella libertà dell’età adulta perché l’immensa malinconia di bambino, la malinconia di Napoli, non la afferri più. Per tenerla a bada, rinchiusa tutta, nelle storie degli altri.

Il frontespizio e gli appunti di Norman Lewis (il materiale che poi prenderà forma nel romanzo) che Francesco Patierno ha avuto in visione per un mese, dalla famiglia dello scrittore, mentre preparava il suo film

Note

(1)  Naples ’44 . Citato sul sito in: La storia raccontata dai film (2). Guerra, tarramoti e altri scompigli, a Napoli del gennaio 2022, a cura di Sandro Russo e Gianni Sarro.

(2) – Benedict Cumberbatch (Londra, 1976), è la voce narrante della versione inglese di Naples ’44, mentre Adriano Giannini (Roma, 1971) lo è nella versione italiana.

(3) – In the Mood for Love è un film del 2000 scritto, diretto e prodotto da Wong Kar-wai (Shanghai, 1958) è un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico cinese che lavora a Hong Kong. Il film è ispirato al romanzo breve Un incontro (noto anche come Intersection) di Liu Yichang (fonte Wikipedia). Sul sito, leggi e ascolta qui.

(4) – Stunt man, stunt woman. Uno stuntman (in italiano cascatore) è un acrobata particolarmente esperto nel fingere cadute, tuffi, salti e scene pericolose in genere (in inglese stunts) – fonte Wikipedia). La professionista che lavora nel film di cui si parla è Prjs Pichini.

 (5) – Green screen (o anche chroma key o chiave cromatica (più precisamente intarsio a chiave colore), è una delle tecniche usate per realizzare effetti di sovrapposizione di due diverse immagini o due diversi video. Con questa tecnica si può rimuovere il colore di sfondo della prima immagine e sostituirlo con qualsiasi altra immagine, come nel caso delle trasmissioni televisive delle previsioni del tempo (fonte Wikipedia).

Informazioni su Lorenza Del Tosto 25 Articoli
Lorenza Del Tosto Vive a Roma con le sue figlie e il gatto Leo. Interprete di Conferenza free lance. Tra le sue passioni: le serate di chiacchiere con gli amici, il cinema, la letteratura e l’Aikido. Ha una rubrica Lost in Translation con ritratti di attori e registi per cui lavora. Ha vinto un’edizione del Premio Loria per racconti inediti ed è arrivata finalista in altri concorsi letterari.
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