Bones and all. La carnalità nuova scoperta dell’Antropocene

di Pino Moroni

Mentre vedevo il film Bones and All di Luca Guadagnino (tratto liberamente dal romanzo Fino all’osso di Camille DeAngelis) mi sono chiesto se esista un codice deontologico nel fare spettacolo. La risposta è no. Gli spettatori, poco accorti, sono diventati l’oggetto di qualsiasi esperimento una produzione onnivora (dietro ogni regista) voglia inserire nelle loro menti, vampirizzate dalle idee più borderline, più assurde, più paradossali.

Non è più solo tecnologia junkhorror splatter e società distopiche. Qualcosa di molto più subdolo e pervasivo sta modificando il gusto del pubblico attraverso piccoli graduali spostamenti di un cosiddetto irreale modo di pensare.

Come fare altrimenti a puntellare la filosofia di fondo di un film (Bones and All) che parla di cannibali, con un amore assoluto tra due teenagers, con malattie genetiche ereditarie, con un’etica completamente inventata ma razionale, nel commettere orrendi, sanguinosi, carnosi delitti?

Questo è il borderline più vistoso di questo film, pieno di ossimori non risolti. È vero che le colpe innate dei padri (nel film si dileguano o sono morti) ricadono sui figli? Perché questi carnivori non si mangiano tra di loro? Mangiano solo persone vive o quasi morte o digiunano?

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