Un Gesù di pietra con gli occhi d’inchiostro e le sopracciglia nere

di Tano Pirrone

Quando si dice che uno ha la visione completa di quello che vuole fare ed è invasato al punto giusto per imbroccarle tutte e al massimo del massimo. È quello che fece Pier Paolo Pasolini quando girò Il Vangelo secondo Matteo, capolavoro assoluto del cinema di tutti i tempi. E per dirlo io ateo mangiapreti vuol dire che così è. Grande successo imperituro anche grazie all’azzeccatissima scelta del protagonista, il cupo giovane maschio iberico Enrique Irazoqui. E in quanto a maschi, giovani, cupi o meno cupi, iberici o d’ogni altra terra, PPP aveva grande fiuto e capacità di scelta. Sbagliò solo una volta e fu tragedia. Per lui e per noi, ancora oggi.

Irazoqui era nato in una famiglia borghese, da uno psichiatra spagnolo e un’imprenditrice italiana di Salò il cui padre apparteneva ad una famiglia di origini ebraiche, i Levi di Padova; fu sin da giovane un militante comunista e antifranchista.

Nel febbraio del 1964, all’età di 19 anni, il sindacato universitario clandestino di Barcellona, di cui faceva parte, lo inviò a Firenze presso l’ORUF, (Organizzazione rappresentativa degli studenti universitari fiorentini) per cercare soldi che dovevano coprire un debito fatto dagli studenti antifranchisti clandestini di Barcellona nei confronti di tipografie della città. L’ORUF raccolse soldi a Firenze e poi lo fece accompagnare a Roma da Alberto Scandone, che assieme a Giorgio Manacorda lo aiutò nella questua anche nella Capitale. Qui conobbe anche Pasolini e la Morante. Il regista italiano in quel periodo era alla ricerca di un interprete per la figura di Cristo per il film Il Vangelo secondo Matteo. Il volto del giovane spagnolo lo intrigò; Pasolini chiese quindi a Irazoqui di interpretare questo ruolo. Inizialmente contrario alla parte, poiché in contrasto con la sua ideologia, il giovane Enrique fu convinto ad accettare da Elsa Morante, dal produttore Alfredo Bini e dall’amico Giorgio Manacorda, i quali gli suggerirono di interpretare un Gesù gramsciano, e dall’entità della paga che avrebbe ricevuto, pensando a quanto sarebbe stata utile per la causa del movimento clandestino antifranchista alla quale successivamente la devolverà. Il film, dove Enrique è doppiato da Enrico Maria Salerno, venne presentato alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia dello stesso 1964.

Rientrato in patria, venne punito dal regime franchista per aver partecipato alla realizzazione di un film di “propaganda comunista”, col ritiro del passaporto e l’espulsione dall’università. Questo non gli impedì negli anni immediatamente successivi di girare altri due lungometraggi in Spagna. Nel 1969 si spostò a Parigi, dove si laureò in Economia, iniziando anche a lavorare a capo di un’azienda. Anche questo ruolo, però, era in contrasto con la sua ideologia: non gratificato, si licenziò dopo solo cinque mesi. Successivamente, negli Stati Uniti, prese una seconda laurea in Letteratura spagnola e nel 1976 iniziò ad insegnare questa materia nelle università statunitensi.

Appassionato di scacchi, sin da bambino fu competente giocatore, riuscendo persino a battere, nel 1968, Marcel Duchamp, numero tre della squadra olimpica francese. Negli anni ’70, non avendo avversari scacchisti nella università degli Stati Uniti dove insegnava, iniziò a giocare contro un computer; ritenendolo però mediocre, cominciò a far giocare un computer contro l’altro, migliorando in tal senso le capacità del dispositivo. Visse per molti anni a Llançà, cittadina diventata famosa per essere stata soggiorno di artisti come Salvador Dalí, Pablo Picasso e Federico García Lorca e per i tornei di scacchi da lui organizzati tra campioni, come Vladimir Kramnik, e i computer.

Enrique Irazoqui

Irazoqui è morto lo scorso anno, il 16 settembre 2020.

In sua memoria è stata eseguita ad Orvieto, nell’ambito del Festival della Piana del Cavaliere un’opera musicale Storia di un Gesù per voce narrante e orchestra: Testo di Guido Barbieri con Fabiana Piersanti │ Flauto: Massimo Mercelli │ Solisti dell’Orchestra Filarmonica Vittorio Calamani: violini, Giacomo Coletti, Tommaso Santini; viola, Arianna Bloise; clavicembalo, Filippo Proietti; violoncello, Anna Camporini; contrabbasso, Giovanni Ludovisi │ Voce narrante: Guido Barbieri.

Programma: Johann Sebastian Bach Suite n. 2 in si minore BWV1067 per flauto e orchestra │ Michael Nyman Flauto solo │ Giovanni Sollima Contrafactus per flauto e archi.

“Ho trovato Gesù, Gesù è a casa mia”: con queste parole Pier Paolo Pasolini un pomeriggio di febbraio del 1964 comunica a Elsa Morante e a Ninetto Davoli di aver finalmente trovato la persona che avrebbe potuto interpretare Cristo ne “Il Vangelo secondo Matteo”.

Questa è la storia di un Gesù che non è mai esistito, un Gesù di pietra, con gli occhi d’inchiostro e le sopracciglia nere, nato tra i Sassi di Matera e morto alla fine di un film.

Informazioni su Tano Pirrone 86 Articoli
Sono nato in provincia di Siracusa, a Francofonte, l’antichissima Hydria dei coloni greci, quaranta giorni prima che le forze alleate sbarcassero a Licata. Era il 14 maggio 1943. Ho frequentato il liceo classico, ma non gli studi per giornalista, cui ambivo. Negli anni ’70 ho vissuto due lustri a Palermo, dove ho lavorato in fabbrica, come impiegato amministrativo- commerciale. Nel 1981 mi sono trasferito a Roma per amore di Paola, oggi mia moglie. Sono stato funzionario commerciale e Project Manager nel Gruppo Marazzi. Infine consulente d’azienda per Organizzazione Aziendale e Sistemi Qualità. Curo le piante della mia terrazza, vedo gente, guardo film e serie tv, vado a cinema e a teatro, seguo qualche mostra; leggo, divagando e raccogliendo fior da fiore, e scrivo di cinema, libri e teatro per Odeonblog; di altre cose per me stesso. Ho pubblicato anche su Ponza Racconta, Lo Strillo, RedazioneCulturaNews ed altri siti di cinema e teatro. Ho due figli, Francesco e Andrea, ed avevo un cane, Bam, che sta sempre con me dovunque io vada. Sono faticosamente di sinistra; sono stato incendiario ed ora dovrei essere ragionevolmente pompiere.
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