Hiroshima mon amour: un film cubista

a cura di Letizia Piredda

In un recente corso di critica cinematografica[1] è stata sottolineata più volte l’importanza degli aggettivi per definire un film o per gli incipit con cui iniziare un articolo, una recensione, una scheda di vocabolario etc.

Nell’ultimo libro di Alberto Crespi [2] troviamo una miniera in questo senso: l’uso di termini euristici per definire un film apre a nuovi collegamenti, a nuove riflessioni. Definire La dolce vita film-mondo, oppure La recita di Angelopoulos film-sfera, oppure ancora Hiroshima mon amour un film cubista[2] vuol dire saper tracciare in modo semplice dei solchi nella storia del cinema, o con un termine più moderno e più euristico, dei quanti [3] che contengono relazioni, intrecci, similitudini, che nessuno aveva tracciato prima e che trasformano o meglio ancora reiventano la materia in oggetto.

In alto a sn: I 400 colpi,di Francois Truffaut,1959 sotto Hiroshima mon amour, di Alain Resnais,1959 a dx in alto: Hiroshima mon amour, Guernica di Picasso,1937

Quindi Hiroshima mon amour, un film cubista. Nel 1959 due sono i film che sconvolgono Cannes: I 400 colpi di Truffaut e Hiroshima mon amour di Resnais. La cosa interessante è che il film di Truffaut è rivoluzionario nei contenuti e Truffaut è uno degli esponenti della Nouvelle Vague: la novità assoluta sta nel fatto che racconta la sua adolescenza, cosa che non sarebbe venuta in mente a nessun regista hollywoodiano e non solo. Un regista italiano, un certo Fellini, l’ha fatto con I Vitelloni , ma è una cosa rara: la biografia al cinema non esiste. Ma il film “stilisticamente rivoluzionario” è quello di Resnais, e i Cahiers du Cinema ne prendono subito atto[4]: Godard ammette che il film per lui è stato “qualcosa di assolutamente inatteso”e Rohmer, il più analitico del gruppo, va in profondità:

“Alain Resnais è un cubista. E’ il primo cineasta moderno del cinema sonoro. Si sono avuti numerosi cineasti moderni nel cinema muto, tra cui Ejzenštejn, gli espressionisti e anche Dreyer. Ma credo che il cinema sonoro sia stato più classico del cinema muto. Non abbiamo ancora avuto un cinema profondamente moderno che abbia tentato di fare ciò che ha fatto il cubismo in pittura e il romanzo americano in letteratura, cioè attuare una sorta di ricostituzione della realtà a partire da una determinata frammentazione… Si può spiegare l’interesse di Resnais per Guernica…e d’altra parte, si può spiegare il fatto che si sia ispirato a Faulkner o a Dos Passos, anche se ciò è avvenuto per il tramite di Marguerite Duras”.

La parola chiave del Cubismo e del film di Resnais è “frammentazione”: “Resnais scompone la trama, il tempo e lo spazio, sovrappone Hiroshima a Nevers, fa incontrare un uomo giapponese e una donna francese al di là della Storia, che pure è così presente”. E frammentazione sarà la parola-chiave che ricorrerà più volte a partire da questo momento: è quello che farà Godard poco dopo con A bout de souffle.

Ma definire il film di Resnais un film cubista, ci permette di cogliere per intero la portata dell’innovazione introdotta, anche se Resnais non faceva parte di un movimento come la Nouvelle Vague. Il Cubismo è stato una corrente artistica e culturale ben riconoscibile, distinta e fondante rispetto a molte altre correnti e movimenti che si sarebbero successivamente sviluppati. All’inizio, come spesso succede, è stato denigrato: “Braque maltratta le forme, riduce tutto, luoghi, figure, case, a schemi geometrici, a cubi.” E proprio questo ultimo termine non dispiacque a Braque e ai pittori della nuova scuola, che , da quel momento si chiamarono cubisti. Per Resnais le cose sono state ancora più complicate: si parlò de Lo scandalo di Hiroshima mon amour[5] che vide schierati insieme reazionari e progressisti per ragioni diverse: gli uni per la denuncia della guerra e dell’imperialismo americano, gli altri per l’anticonformismo con cui veniva raccontato il rapporto tra la ragazza e il soldato occupante. Ma lo scandalo maggiore riguardò lo stile del film, inconsueto, originalissimo, dove la trama si perde in un flusso di memoria soggettiva, dove il tempo, o i tempi e i luoghi si sovrappongono e si intersecano con una modalità completamente spiazzante.

Note

[1] Laboratorio di critica cinematografica

[2] In realtà Crespi riprende la definizione data da Romher in Hiroshima notre amour, “Cahiers du cinema” 97, luglio1959, riportata in Roberto Turigliatto ( a cura di) Nouvelle Vague, catalogo del festival Cinema giovani, 1984, pp.185-199

[3] Alberto Crespi. Short cuts. Il cinema in 12 storie. Gius.Laterza&Figli, 2022

[4] Carlo Rovelli. Helgoland. Adelphi, 2020

[5] v. Nota 2

[6] Rondolino G., Tomasi D. Manuale di storia del cinema. Utet, 2014

Informazioni su Letizia Piredda 177 Articoli
Letizia Piredda ha studiato e vive a Roma, dove si è laureata in Filosofia. Da diversi anni frequenta corsi monografici di analisi di film e corsi di critica cinematografica. In parallelo ha iniziato a scrivere di cinema su Blog amatoriali.
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