Miracle: letters to the President 

di Angela Caputi

Il film non può essere definito tout court una commedia: siamo piuttosto di fronte al ‘drama’ che si risolve in lieto fine.
Il racconto è tratto da una storia vera, liberamente rielaborata e ambientata negli anni ’80, e la narrazione procede lineare, sebbene intervallata da alcuni flashback esplicativi che mescolano   due storie parallele in continuità di presente e passato: quella del figlio, il giovane protagonista, e quella del padre, macchinista di treno. Il treno del destino, lo si potrebbe definire.
La parte iniziale del film procede a ritmo di commedia sul percorso di una ferrovia che collega, tra splendide immagini di un paesaggio incontaminato, uno sperduto villaggio di pochi abitanti con una stazioncina, con altri paesi e con una quasi mitica Seul. Con il resto del mondo conosciuto, insomma. Il treno però non si ferma al villaggio perché la stazione non c’è, è troppo piccolo e insignificante. Per giungere alla stazione più vicina e alla scuola del paese gli abitanti, compreso il piccolo Joon, sono rassegnati, o condannati, a compiere un percorso pericoloso: passare sui binari che attraversano la galleria e il ponte sul fiume. Il treno, il ponte e l’acqua diventano teatro e simbolo introiettato della tragedia personale del protagonista, presentata in una scena convincente ed emozionante.

Una scena del film

SPOILER#Una ragazza sta riaccompagnando da scuola a casa il fratellino, piccolo genio matematico che ha vinto la coppa del suo primo premio, e con il gruppo del villaggio percorre la ferrovia. Il legame tra i due è forte: dopo tragica la morte di parto della madre (anch’essa, come l’incidente, raccontata in flash back), lei ne ha assunto il ruolo. Arriva improvviso il treno, i viandanti si stringono tra loro in un angolo del ponte, la coppa sfugge di mano al bambino e la sorella, nel tentativo di riprenderla, precipita nel fiume. Non la troveranno mai più. Il padre riesce a recuperare dall’acqua soltanto quella coppa dorata ornata di una coccarda rossa, che diventerà, fino allo scioglimento conclusivo, il segno visibile di un dolore che imprigiona il padre e il figlio in una drammatica solitudine#. Ormai ragazzo, Joon – Kieong (il bravo Park Jeong-min), è uno studente outsider della matematica, che va a scuola macinando chilometri in bicicletta, chiuso in sé come sono chiusi il villaggio e la casa, custodi di ricordi da cui non riesce ad allontanarsi. Ora c’è anche una strada, per chi ha un’auto, o almeno una bicicletta, ma per Joon l’atto di riparazione liberatoria è scrivere lettere (senza risposta) al Presidente, perché faccia aprire una stazione al villaggio. Ostinatamente rincorre il suo sogno: passerà il tempo, finalmente riuscirà a progettare la stazione e a costruirla insieme a tutti gli abitanti, e quella sarà la strada per un inizio di riconciliazione con la sua vita.
Fino ad allora, però, il trauma mai sanato peserà come una colpa che impedisce la parola e l’anima. Ne deriva un personaggio che troppo spesso appare quasi autistico o stordito, fino all’effetto comico, e fa pensare a un modello ribassato del Song Kang-ho creato da Bong Joon-ho, dalla cui lezione, inoltre, sembrano acquisiti sia il velato tema sociale sia il mix di generi.

Alcune scene del film

A tale miscellanea di generi, non sempre amalgamati, appartiene anche la presenza costante del fantasma della sorella, l’unico vero interlocutore. In qualche modo veniamo rinviati all’interpretazione psicanalitica, ma, a ben vedere, si tratta di un omaggio a tanta parte del cinema orientale e giapponese (Sogni di Akira Kurosawa, I racconti della luna pallida d’agosto di Kenyi Mizagouchi, per dire), collegabile alla tradizione del teatro No e Kabuki e ai suoi simboli, tra cui è presente l’elemento l’acqua; nonchè alle rielaborazioni hollywoodiane ( Two sister di Kim Ji-Woon, The eye dei fratelli Pang, ad esempio).
Qui l’anima della sorella defunta non appartiene all’ horror vendicativo, al contrario il fantasma è un Reikon e un Ubume, uno spirito materno che sostiene e accompagna Joon nella sua crescita e lo sospinge alla pace con se stesso, perché solo così troverà pace anche lei.
Rappresentazione tradizionale e interpretazione psicanalitica si specchiano e facilmente commuovono, così come le parole e le lagrime in cui si scioglierà il dolore a lungo represso di padre e figlio.
Nella realtà concreta il contraltare della sorella è l’intraprendente corteggiatrice di Joon, la compagna di scuola figlia di un deputato, che lo aiuta a scrivere e a far pervenire le lettere al Presidente.
Ognuno ha un destino, dunque, e quello di Joon, pur se ondeggiante tra scoramento e volontà di riscatto, è segnato: Seul non è che una tappa del suo percorso, la meta finale è la NASA.
Dall’azione torniamo alla commedia in un epilogo sin troppo prolungato, con una sceneggiatura che chiude il cerchio con diligente precisione, senza lasciare allo spettatore spazio per esitazioni, e in cui l’evoluzione sul piano caratteriale del nostro protagonista talora risulta condotta dal registro umoristico fino all’eccesso macchiettistico, con l’effetto di limitarne l’evoluzione.
Insomma, uno sguardo ai ritmi, alle battute brillanti, all’ottimismo volontaristico e allo psicologismo della commedia made in USA, uno sguardo alle sensibilità e allo spirito del grande cinema ‘far east’ e al suo sentimento profondo dei legami familiari, delle relazioni tra i viventi e i morti, del percorso nelle stagioni della vita.
Si avverte anche troppo però la volontà di commistione e rielaborazione, sia tematica che di genere, da parte del regista Lee Jang- Hoon, al suo secondo film come regista e sceneggiatore e allievo del grande Kim Ki-duk (il quale tuttavia non ne approvò, anche sul piano professionale, alcune scelte eccessivamente ‘popolari’). Ne risulta una sorta di semplificazione degli aspetti narrativi e tematici, benchè sia evidente un certo spessore a livello di articolazione e a livello fotografico.
Il film è stato presentato nell’ambito del settore scuola, dunque come cinema di coinvolgimento emozionale per ragazzi. A conti fatti, quella del cinema per ragazzi è la sua giusta collocazione.

Il film uscirà nelle sale il 23 marzo 2023

Sottoscrivi
Notificami
guest
1 Comment
Il più vecchio
Il più recente Il più votato
Feedback in linea
Visualizza tutti i commenti
Pino

Che bella critica! Complimenti Angela.