Loving

di Mirta Tealdi

Il film Loving  è tratto dalla storia vera di Richard e Mildred Loving. L’idea del film è venuta all’attore Colin Firth, dopo aver visto il documentario The Loving Story (2011), girato dalla fotografa e regista Nancy Buirski. Colin Firth che proprio nel 2011 aveva Fondato la sua casa di produzione: Raindog Films, propone alla Buirski (che entra come coproduttrice), di fare un film sulla storia dei coniugi Loving, e affidano la regia a Jeff Nichols[1].

Il regista, seguendo il filo narrativo del documentario della Buirski, decide da subito  di assumere il punto di vista dei coniugi Loving: una coppia, che negli anni ’60, contribuì  a cambiare la Costituzione degli Stati Uniti d’America per quanto riguardava i matrimoni interrazziali.

La regia è asciutta, i colori a tratti desaturati.  Lo sviluppo narrativo poco enfatico, riesce a dare profondità al film grazie alla recitazione degli attori, tutta tesa a togliere piuttosto che ad aggiungere. Se sul piano della verosimiglianza, un racconto così antieroico aderisce perfettamente alle peculiarità dei veri protagonisti, dall’altro rischia, per il suo stile talvolta sottotono, di indebolire l’importanza di una vicenda personale, che otterrà nello specifico, l’abolizione di una legge che vietava i matrimoni interrazziali, portando avanti una battaglia contro un retaggio segregazionista che derivava direttamente dalle leggi schiaviste del 1800.  I Signori Loving (mai nome fu più appropriato), Mildred Jeter (Ruth Negga) e Richard Loving (Joel Edgerton), sono una coppia della Virginia che nel 1958 convola a nozze nel vicino stato di Washington. Fin qui nulla di male se non fosse per il non trascurabile dettaglio che i due sono una coppia mista e che nello Stato della Virginia (come in altri 20 Stati dell’Unione), il matrimonio interrazziale sia un reato (almeno fino al 1967 con la storica sentenza della Corte Suprema, proprio sul caso “ Loving vs. Virginia”).   

Richard e Mildred si conoscono dall’infanzia, cresciuti a Central Point, una frazione della Caroline County, in Virginia, dove convivono diversi nuclei multietnici: bianchi di colore e nativi americani. Questa convivenza però è mal tollerata dalle forze dell’ordine e da alcuni bianchi, seguendo, né più né meno il pensiero dell’“establishment” americano degli anni ’50 e ’60.   

Dopo solo cinque settimane dal loro matrimonio, Richard e Mildred vengono arrestati in mezzo alla notte, svegliati dall’irruzione delle forze dell’ordine, nella loro camera da letto e portati in prigione. Richard, in quanto bianco, verrà rilasciato su cauzione dopo una notte mentre Mildred che è di colore ci resterà cinque notti, anche se incinta. I Loving, sono due persone umili e dignitose che si appoggiano l’un l’altro e fanno di questa cementata sintonia il loro punto di forza.

Sanno che quello che stanno subendo è ingiusto, ma non vogliono schierarsi apertamente.
Chiedono solo di poter restare a vivere con la loro famiglia in Virginia, senza scomodare nessuno.   
Emblematiche e riassuntive di tutto lo sviluppo narrativo e tematico del film, sono le parole che il Vicesceriffo Brooks rivolge a Richard, che vuole pagare la cauzione per il rilascio della moglie:   

“Sei venuto a pagarle la cauzione? “   
“ Si.”  
“Lo sai che non può venire via con te. Manda qualcuno della sua gente a prenderla, con te non la faranno uscire.” “Ma è incinta”.   
“Tieni la bocca chiusa su questo, sennò ti sbatto di nuovo dentro. Non ti conviene.”  
“ Ma non è… g…”  
“Che hai detto? Lo sai che non ti conviene… No forse non lo sai. 
Tuo padre lavorava per un negro, a trasportare legname. Mi dispiace per te, te lo dico sul serio, davvero. Laggiù a Central Point non distinguete il sopra dal sotto, un po’ Cherokee, un po’ Rappahannock, un po’ negri, un po’ bianchi, il sangue non sa di che colore è. Sei solo nato nel posto sbagliato, tutto qui. 
Tu credevi che si potesse fare, forse hai pensato che alla gente di qui non importasse.   
Forse a loro non importerebbe se tu, idiota, non l’avessi sposata, ma a me si, capito?   
E’ la legge di Dio, Lui ha fatto il passero, passero e il pettirosso, pettirosso.   
C’è un motivo per questo… No.   
Adesso vattene, va a casa.”  

Basta già questo dialogo, che è perlopiù un monologo a riassumere il senso di tutto il film. In particolare la frase in cui Brooks sostiene che: “secondo la legge di  Dio, il passero e il pettirosso sono diversi”  è un’ anticipazione, del reale pensiero del giudice Leon Bazil della Caroline County in Virginia. Egli infatti in risposta all’appello dei Loving alla corte Federale, risponde con una sentenza in cui scrive nero su bianco: “Dio onnipotente ha creato le razze, bianchi, neri, gialli, Malay e rossi e li ha sistemati in continenti diversi. Il fatto che abbia separato le razze dimostra che non voleva si mischiassero“.   

Oggigiorno una frase del genere apparirebbe quantomeno un atto lesivo, ma in quegli anni era normale. Infatti, in un paese sostanzialmente (e in qualche maniera inconsapevolmente) razzista era comune e ovvio pensarla così.  

In un’intervista,l’avvocato Bernie Cohen dell’ American Civil Liberties Union che insieme al collega Phil Hirschkop difese i coniugi Loving, rimarcò che in molti Stati dell’epoca, soprattutto nel sud, il senso comune  credeva nella segregazione e che anche in ambito giudiziario non si capivano le spinte liberali  per l’integrazione e i diritti civili. Sempre nella stessa intervista parla dei due coniugi: “Erano una coppia molto semplice, di scarse pretese, non erano due combattenti per i diritti civili, erano solo desiderosi di tornare alla loro vita in Virginia. Non volevano essere eroi, erano persone umili che volevano solo il diritto di stare insieme… e hanno cambiato la Costituzione!”.   

Quando Mildred (su consiglio dell’amica Lora che la ospitava con la famiglia a Washington), decise di scrivere a Bob Kennedy[2](Ministro della Giustizia sotto la presidenza del fratello John), venne appunto messa in contatto con l’avvocato Bernard Cohen che con Phil Hirschkop avrebbe portato il loro caso fino alla Corte Suprema. Come risultato, il 12 giugno 1967, una sentenza che rappresenta una pietra miliare nella Costituzione degli Stati Uniti d’America, fece abrogare  il “Racial Integrity Act” del 1924, sulla base che:   
“Nella nostra Costituzione, la libertà di sposarsi o non sposarsi con una persona, risiede nell’individuo e non può essere violata dallo Stato”.  

Scene del film Loving, alcune foto (in bianco e nero) dei veri coniugi Loving, Green Book (2018) e Passing (2021)

Purtroppo sette anni dopo la sentenza della Corte Suprema, Richard fu ucciso da un automobilista ubriaco, Mildred rimase a vivere nella loro casa senza mai più risposarsi.  

Molto meritevoli sono le prove attoriali  di Joel Edgerton[3] e Ruth Negga[4] che nel 2021 recita in  un altro film ( che citerò più avanti) ambientato nell’America razzista degli anni ’20: Passing di Rebecca Hall, (per cui ottiene una candidatura per la miglior interpretazione non protagonista al Sundance Film Festival 2021). 

In Loving, Edgerton dona una profondità commovente al personaggio di Richard, lo illumina con una recitazione fatta di parole trattenute, che fanno percepire fino in fondo  il suo tumulto interiore, proprio attraverso i ruvidi silenzi e le parole non dette. Lo stesso attore in un’intervista a TODAY in occasione dell’uscita del film, spiega quanto sia stato impegnativo calarsi nel personaggio di Richard, dopo aver visionato i filmati girati all’epoca a casa dei Loving. Richard era un uomo di poche parole, schivo, pacifico, e tranquillo e quindi la recitazione si è dovuta concentrare sul trattenere le energie, imbrigliare i sentimenti negativi e bloccare le parole. Mordersi le labbra, non solo in senso metaforico, per trattenere la rabbia. Nel film, infatti, sembra quasi che il più discriminato sia proprio Richard, un bianco, in una comunità mista, piuttosto che Mildred, che ha discendenze afro americane.   
Insomma, Richard è colpevole agli occhi di tutti, colpevole di aver sposato Mildred e di aver così creato  problemi alle famiglie e alla comunità dei neri. La comunità avrebbe tollerato forse la loro relazione, ma non che uscissero allo scoperto in modo legale.  Per lui invece, la sua unica colpa è quella di non essere in grado di prendersi cura della donna che ama.  

Nella recitazione di Ruth Negga, Mildred è intensa e pacatamente determinata. E’ un’antieroina che combatte istintivamente per stare con la sua famiglia. Anche per l’attrice la recitazione è tesa sul filo delle emozioni trattenute, attraverso sguardi profondi e densi di significato. E’ riuscita a rendere la tensione emotiva più attraverso  i silenzi che  le parole, (una grande prova attoriale della Negga giustamente sottolineata dalle candidature).  

I due coniugi sono complici e perfettamente in sintonia, si sostengono l’un l’altro. Si sente che qualcosa scorre sotto la superficie, ma non è una forza dirompente e i due attori sono riusciti a rendere perfettamente la natura del loro rapporto, creando una grande complicità sul set.  

Siamo di fronte ad una performance recitativa simile in Passing (USA,2021) di Rebecca Hall, attraverso il personaggio di Irene, una bravissima e intensa Tessa Thompson, che mostra bene il ribollire delle emozioni sotto la superficie apparentemente calma delle cose. Anche in Passing si  parla di razzismo, ma  in realtà fa da sottotesto ad altri temi di cui il principale è la contrapposizione fra le due protagoniste: Clare (Ruth Negga) ambigua, abile manipolatrice, donna inquieta, simulatrice: grazie alla sua pelle chiara si finge bianca. E’ abituata ad ottenere ciò che vuole al punto da sposare un razzista che la crede solo un po’ olivastra di pelle, ma non esita a desiderare anche ciò che appartiene a Irene, l’amica ritrovata per caso,  della quale vuole le attenzioni e gli affetti più stretti, sconvolgendone la vita tranquilla. Mentre Clare è eccentrica, affascinante ed eccessiva, Irene, calma e riflessiva, trangugia, suo malgrado, l’invadenza dell’amica con una recitazione, appunto, tutta rivolta all’interno con un arrovellamento e una tensione implosive.  

E’ interessante sottolineare un aspetto che Loving condivide invece con Green Book (USA, 2018)[5] di Peter Farrelly: la presenza dell’automobile, elemento fortemente rappresentativo dell’epoca, che, (questa è la parte più affascinante) a livello simbolico diventa terreno di unione e di scambio paritario fra bianchi e neri.

 In Loving infatti Richard mette a punto le auto da corsa, con cui bianchi e neri gareggiano insieme nelle “road races”, ad un tempo compagni avversari; parallelamente, in Green Book, l’auto, (protagonista essa stessa del film), finisce per diventare un porto franco, un luogo simbolico dove le questioni di colore della pelle possono anche trasformarsi in amicizia.  


Note

[1] Già regista di Take Shelter (Usa, 2011) premiato con il Gran Premio della Settimana Internazionale della Critica, il Premio SACD e il Premio Fipresci al Festival di Cannes 2011 e di Mud (2012) candidato tra gli altri per la Palma d’oro al Festival di Cannes 2012. Al suo attivo un’ulteriore candidatura per l’Orso d’oro al Festival di Berlino del 2016 con Midnight Specials (2016). 

[2] Una simpatica coincidenza unisce i due film: LovingGreen Book. In entrambi infatti che si basano su fatti reali viene chiamato in causa Bob Kennedy, per prendersi a cuore il caso dei Loving e per tirare fuori di galera il suo amico Don Shirley in GreenBook.

[3] Già coprotagonista in Black mass, 2015 e in Bright, 2017 in cui si parla di razzismo, seppure in una realtà alternativa, strizzando l’occhiolino al romanzo di A.Huxley, Brave New World.

[4] L’attrice per la sua performance  ha ottenuto la sua prima candidatura ai Golden Globe, al Premio BAFTA e al Premio Oscar nel 2017.

[5] Green Book è un  film che dipinge un’ America razzista, contemporanea a quella dei Sig.ri Loving,  in cui il protagonista di colore Don Shirley (Mahershala Ali) è un musicista, uomo ricco e famoso, che sperimenta assieme all’autista italoamericano, Tony Vallelonga,  (uno strepitoso Viggo Mortennsen) l’atteggiamento, via via sempre più intollerante e radicalizzato, man mano che scendono verso il Sud.

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Informazioni su Mirta Tealdi 12 Articoli
Mirta Tealdi, Toscana di origine, vive a Roma da oltre trent'anni. Laureata in Dams ha frequentato corsi universitari di Critica Cinematografica, seminari del Centro Sperimentale di Cinematografia  seminari di Critica Cinematografica. Appassionata di Storia e Critica del cinema e curiosa cronica, ama approfondire i vari aspetti della Settima Arte. Ama molto la scrittura e ha avuto collaborazioni con riviste on-line di Cinema.
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