Hors-saison: un bellissimo film passato inosservato a Venezia 80.

di Letizia Piredda

Uno dei più bei film di Venezia 80, se non il più bello in assoluto, è il film di Stéphane Brizé, purtroppo passato inosservato dalla Giuria: un film sulle geometrie emotive che abbiamo disegnato nel corso del tempo, sulle porte mai aperte, su quelle che abbiamo aperto ma che si sono chiuse in modo traumatico, sui momenti della vita in cui abbiamo imboccato una strada invece di un’altra. In particolare “volevo soffermarmi sul momento in cui si rimugina sulle scelte mai fatte, o fatte in modo sbagliato”, dice lo stesso Brizé.
Mathieu vive a Parigi, è un attore famoso, in crisi esistenziale, si è appena ritirato dallo spettacolo teatrale in preparazione, a pochi giorni dal debutto. Per riprendersi decide  di fare uno stacco di una settimana, in una Spa di lusso per seguire un trattamento di talassoterapia in un paesino sul mare sulla costa Ovest della Francia.

Alice, la sua ex compagna che ha lasciato 15 anni fa, lavora come insegnante di musica in un paesino sul mare sulla costa Ovest della Francia.

Alcune immagini del film

Ed è qui che avviene l’incontro.
Un incontro che si svolge in un tempo sospeso, in un tempo psicologico, fuori dal tempo, fuori stagione, appunto. Sullo sfondo grigio azzurro del mare d’inverno.
Il tempo di riannodare il legame di tanti anni fa per potersi guardare reciprocamente con sincerità, facendo vedere anche i propri fallimenti, e accettare la separazione, elaborandola, senza bisogno di ferire l’altro, senza rabbia e rancore. Mathieu riesce a parlare della sua rinuncia al teatro che vive come un fallimento e Alice, che ha vissuto in maniera traumatica la separazione agita da lui, forse riesce a separare Mathieu dai suoi rimpianti.
Brizè sfodera tutta la sua magia stilistica, rasentando la perfezione: tutto ai massimi livelli, dai dialoghi, alle riprese dall’alto, dagli sguardi dei protagonisti, Guillame Canet e Alba Rorwacher in stato di grazia, che riescono a veicolare ogni minima vibrazione emotiva, alla musica, con un tocco unico che riesce a raggiungere  fin da subito le corde emotive dello spettatore. Una volta si diceva il tocco alla Lubitsch, non credo di esagerare dicendo adesso il tocco alla Brizé.

La Festa

Bellissimo il dialogo finale in cui lui dice: “Che incredibile coincidenza” e lei tranquilla  risponde: “Ma no nessuna coincidenza, ho organizzato tutto io: sono venuta ad abitare qui 12 anni fa con un marito, ho avuto una figlia, ho fatto costruire l’albergo con la Spa dove si pratica la talassoterapia perché sapevo che un giorno ne avresti avuto bisogno…”.
E chissà, forse inconsciamente, a distanza di anni, si sono dati appuntamento proprio lì.
Il film inizia e si chiude con la ripresa dall’alto di una macchina in corsa su una strada: un tragitto, un percorso, esterno ma anche e soprattutto interno.
E chissà, forse l’essersi potuti lasciare, questa volta, serenamente, permetterà loro di intraprendere altre strade, di aprire altre porte.

Informazioni su Letizia Piredda 191 Articoli
Letizia Piredda ha studiato e vive a Roma, dove si è laureata in Filosofia. Da diversi anni frequenta corsi monografici di analisi di film e corsi di critica cinematografica. In parallelo ha iniziato a scrivere di cinema su Blog amatoriali.
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