
di Martina Cossia Castiglioni
Anatole «Zsa Zsa» Korda, un ricco magnate scampato all’ennesimo tentativo di omicidio, decide di lasciare la sua fortuna alla figlia Liesl, che sta per prendere i voti. Con lei e con il tutore Bjorn – perché Korda ha anche nove figli maschi dei quali non ha tempo né voglia di occuparsi – l’uomo inizia un viaggio alla ricerca di finanziamenti per realizzare un ultimo, ambizioso progetto imprenditoriale. Tra sabotaggi, bombe a mano, trattative, scatole di cartone dedicate a ogni fase del progetto e un onirico Tribunale Divino in bianco e nero, Korda forse scopre che c’è qualcosa di più importante del denaro e del potere.


È sempre una gioia per lo sguardo scoprire un nuovo film di Wes Anderson, e nello stesso tempo ritrovare gli elementi e le ossessioni che da sempre caratterizzano il suo cinema: la simmetria, i colori, la cura dei dettagli, la ieraticità dei suoi personaggi, e ancora una volta un tema centrale della sua poetica, quello delle famiglie «disfunzionali». La Trama fenicia, presentata all’ultimo Festival di Cannes, è un’altra pellicola corale dove agli attori che già da tempo compongono la personale «famiglia» andersoniana, se ne aggiungono di nuovi, come Mia Threapleton (figlia di Kate Winslet) nel ruolo di Liesl. Benicio Del Toro (Zsa Zsa), invece, torna a lavorare per il regista dopo French dispatch. La Trama fenicia è un film godibilissimo. Eppure, rispetto al precedente Asteroid city, è forse un film più freddo, dove l’estetica prevale rispetto alle emozioni. Anche se alla fine persino un uomo come Zsa Zsa comprende che ciò che conta di più sono le persone.
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