Killers of the Flower Moon, 2023 di Martin Scorsese

di Riccardo Colella

Viviamo in un’epoca particolare scelgo di fare film lunghi per un motivo preciso: il pubblico è ormai abituato alle serie, al binge watching. Ci si chiude in casa e si passano ore a guardare decine di episodi uno dietro l’altro. Quindi perché non farlo al cinema? La mia è una sfida. Cinque ore seduti sul divano non hanno lo stesso valore di 200 minuti in sala? Questa è la mia provocazione. Dobbiamo recuperare la capacità di analisi, di avere una visione attiva delle cose. L’esperienza deve essere genuina e non viziata dall’ambiente circostante. Uscite, sedetevi su poltrone comode e godetevi l’esperienza su uno schermo grande, con luci spente”.

Partire da un virgolettato è sempre una scelta comoda quando si tratta di scrivere una recensione e lo sfogo di Martin Scorsese, che arriva in concomitanza dell’uscita al cinema di Killers of the Flower Moon, è di quelli che fanno eco e che devono indurre a una seria riflessione quando esplodono così impetuosi. Personalmente non ho mai compreso, ma neppure concepito, il motivo per cui la durata di un film debba considerarsi una discriminante nella sua visione o nel suo giudizio. Se questo aspetto fosse davvero un problema, infatti, la questione arriverebbe a travolgere tutti quei film che hanno rappresentato, e tutt’ora rappresentano, dei veri e propri baluardi del cinema.

Non c’è da scomodare Via col vento (1939), I sette samurai (1954), Il gattopardo (1963) o C’era una volta in America (1984). È il modo di guardare il cinema che è cambiato col tempo, così come è cambiata la soglia dell’attenzione dello spettatore medio. Scorsese questo lo sa e si prende tutti i 206 minuti di Killers of the Flower Moon per raccontarci un’epopea del genere. Un noir in salsa western e che strizza l’occhio al più puro gangster-movie, tanto caro al regista italoamericano. Lo spettatore viene catapultato in una delle società più affascinanti e misteriose di sempre, quella degli Osage, per poi esserne strappato via, dall’animo – nero come il petrolio – di chi vuole sopraffare, ingannare e sterminare, anche costo della propria dannazione.

Lily Gladstone e Leonardo DiCaprio in una scena del film

Adattamento del romanzo Gli assassini della terra rossa di David Grann, a sua volta tratto da fatti realmente accaduti, e presentato in anteprima mondiale fuori concorso al Festival di Cannes 2023Killers of the Flower Moon è un’opera sontuosa, seria, nella quale non c’è spazio per l’ironia, i sorrisi e gli eroi positivi. Perché anche quei pochi personaggi che si pongono in modo positivo, appunto, rischiano di finire fagocitati, volenti o nolenti, dai giochi di potere di una società che non perdona. C’è un Martin Scorsese che brilla nel regalarci una tecnica di regia innovativa e originale (per quelli che sono i suoi canoni), discostandosi dalle precedenti opere, senza però dimenticare quelle peculiarità che lo contraddistinguono. Spazio, quindi alle profonde carrellate in stile Goodfellas, e a quei momenti di violenza “urbana” che, però, stavolta vengono trattate quasi con distacco.

Scorsese fa lo Scorsese, arrivando addirittura a citare De Palma in un paio di scene che vi lascio il gusto di scoprire da soli.  Scritto insieme ad Eric Roth, già sceneggiatore, tra gli altri, di Forrest GumpAlìIl curioso caso di Benjamin Button e Dune, il film introduce lentamente i personaggi principali per poi snocciolare senza fronzoli l’intera vicenda. Accompagnati da una colonna sonora asfissiante, che martella lo spettatore dal primo all’ultimo minuto, Robert De Niro e Leonardo DiCaprio si mangiano la scena (e grazie, direte voi…) lasciando, però, un ampissimo respiro alla sorprendente Lily Gladstone che convince in tutto e per tutto, interpretando un personaggio tragico ma di grandissima forza e spessore. Ruoli minori per Jesse Plemons e Brendan Fraser, che pure non sono degli scappati di casa.

Robert De Niro è William Hale

La fotografia è pazzesca, così come il lavoro portato avanti da costumisti e truccatori che non lasciano nulla al caso. Nel tumultuoso passaggio dall’epoca di frontiera a quella moderna, l’inizio secolo americano è raccontato con assoluta fedeltà e macabra ferocia. Il film è infatti una dura, durissima critica del regista all’avida e brutale società capitalista e imprenditoriale che travolge quella più debole e ne annienta ogni traccia di moralità, correttezza e lealtà. I nativi americani incontrano il ruolo di vittima sacrificale, al cospetto di chi ne divora l’essenza. Proprio come in quella vecchia leggenda chiamata La luna che uccide i fiori, che il personaggio interpretato da Leonardo DiCaprio legge nel film, dove i piccoli fiori viola che ricoprono le colline di Wah-kon-tah, il Grande Spirito, cessano di vivere col crescere di altre piante.

La parabola dello scrittore Osage, John Joseph Mathews, ci illustra l’incedere degli eventi, con struggente semplicità:

In aprile, milioni di fiorellini punteggiano le colline coperte di querce e le vaste praterie nel territorio degli Osage, in Oklahoma: violette, portulache e genzianelle. Nel mese di maggio, quando i coyote ululano a una luna minacciosamente grande, altre piante più alte, fra cui tradescanzie e rudbeckie, iniziano a sovrastare i fiori più piccoli, sottraendo loro acqua e luce. I gambi si spezzano e i loro petali cadono, e in breve essi vengono sepolti sottoterra. Per questo motivo, i nativi Osage si riferiscono al mese di maggio come al “periodo della luna che uccide i fiori”.

Pubblicato su Stazione Cinema

Informazioni su Riccardo Colella 7 Articoli
Ha visto cose che voi umani non potreste immaginarvi, ama le offerte che non si possono rifiutare e la sera non va a letto presto. Pensa in fretta quindi parla in fretta, ogni tanto dà la cera e toglie la cera ma nessuno può chiamarlo fifone. È un bravo ragazzo, beve Martini agitato, non mescolato e la vanità è decisamente il suo peccato preferito. Ah, è giornalista con la passione per la New Hollywood degli anni ‘70 e, quando non ascolta vinili, scrive di cinema e sport da combattimento. Nel settembre 2022 ha pubblicato con Domenico Paris il Libro Professione fenomeni. Le storie di dieci grandi pesi welter, edito da Absolutely Free Libri.
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