Perfect days: intervista a Wenders

di Letizia Piredda

Al Mignon di Roma hanno fatto precedere alla proiezione del film Perfect days un’intervista a Wenders collegato in streaming.
“Per l’idea del film mi ha guidato una certa utopia, l’aspirazione a una vita semplice, il riuscire a fare a meno delle cose: il protagonista del film è un eroe della vita ordinaria che ha un segreto: ha raggiunto una soddisfazione interna che lo fa vivere in pace con sé stesso e con il mondo” Il film è dedicato a Ozu il suo regista giapponese preferito, che però ha potuto conoscere solo tardivamente, non a caso il cognome del protagonista Hirayama è lo stesso della famiglia in Viaggio a Tokyo, il capolavoro di Ozu. “Con Ozu” ci dice Wenders ho scoperto il paradiso della regia e quello che mi interessa in questo film è conservare lo spirito del suo cinema”. Poi prosegue: “La musica nel film ha una valenza fondamentale, è il compagno più stretto di Hirayama oltre alla lettura; per questo mentre giravano hanno inserito la musica sul set.

Alla domanda di quali sono i suoi tre film preferiti, Wenders risponde: “Fino alla fine del mondo, per le difficoltà del progetto e le imposizioni di produzione, Paris Texas  perché si è creata un’alchimia particolare con Sam Shepard, Natassja Kinski, e Ry Cooder, infine Alice nelle città, perché è quello che sente più vicino.

Il film riesce a mantenere l’obiettivo prefissato di conservare lo spirito del cinema di Ozu ed è intessuto, come ha sottolineato anche Giulia Pugliese nella sua bella recensione del film, qui su Odeonblog, riferimenti culturali della vita giapponese, uno in particolare di centrale importanza nel film: il komorebi.

Komorebi è la luce che filtra tra le foglie degli alberi, un momento breve, ma intenso, che esprime uno stato d’animo, una sensazione che è sfuggente, come i raggi di sole che filtrano tra le foglie degli alberi di un bosco. Nel film vediamo spesso il komorebi, quando Hirayama va a mangiare a pranzo il suo panino sotto un grande albero, e nei suoi sogni che riproducono lo stesso fenomeno ma in bianco e nero.

Komorebi dreams

E nella bellissima scena finale è lo stesso viso del protagonista che diventa un komorebi, con quell’alternanza tra il luccichio del suo sorriso e la malinconia degli occhi al limite del pianto: e questa è l’essenza della vita.

Vedi anche: la recensione di Giulia Pugliese

Informazioni su Letizia Piredda 192 Articoli
Letizia Piredda ha studiato e vive a Roma, dove si è laureata in Filosofia. Ha frequentato per diversi anni Corsi Monografici di Analisi di Film e più di recente Corsi di Critica Cinematografica presso Sentieri Selvaggi, Longtake e La Critica ritrovata. Ha tenuto Seminari su tematiche di cinema presso l’Università di Perugia. Da 3 anni collabora con il sito Longtake. Ha vinto il Concorso di Critica Cinematografica over30 nell’ambito del Longtake Film Festival 6 Edizione, 2024
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