I film della complessità

di Pino Moroni

Questo articolo è il seguito di un articolo già pubblicato, leggi qui sulla complessità, intesa come un approccio di tipo sistemico per affrontare la realtà quotidiana. Viene anche accennato il tema della complessità rispetto al cinema e individuata una rosa di film che hanno trattato questo tema. Qui vengono presi in considerazione tre autori ispirati dalle teorie dei sistemi complessi: Kieslowski, Haggis, Inarritu, per ognuno dei quali viene presentato un film.

LA   DOPPIA   VITA   DI   VERONICA (1991) di Krzysztof Kieslowski

La filmografia più importante di Krzysztof Kieslowki (“Decalogo”, “Destino cieco”, “Film Bianco”, “Film blu” “Film rosso”) si è sempre ispirata alle Teorie della Complessità, con la presenza costante della causalità come leitmotiv tematico. Kieslowski ha posto il caso e la singolarità dell’evento al centro del proprio ragionare. Contro qualsiasi riduzione unidimensionale del reale, per questo regista, non esiste rappresentazione che possa ridurre il mondo a pura disponibilità e calcolabilità finita e autosufficiente. “La doppia vita di Veronica” è tutta una storia di indeterminazione, di impossibilità di trovare una risposta compatibile con quello che solo appare, con continue aperture al non conosciuto, al non definito. Si sviluppano così gradualmente le figure a farfalla del famoso attrattore (1963) di Edward N. Lorenz. Kieslowski, è un esempio di genio che, una volta accettata la complessità del mondo, aveva immaginato di realizzare ben diciassette differenti versioni del film.

La doppia vita di Veronica, 1991 di Krzysztof Kieslowski

CRASH, CONTATTO FISICO (2004) di Paul Haggis.                                             

Paul Haggis è un grande sceneggiatore di storie corali (“Million dollar baby”, “Flags of our fathers”, “Nella valle di Elah”), che non si possono racchiudere in una definizione semplicistica, dove tutti si incontrano, si toccano, in un mondo di rapporti sempre più vasti, ma di solitudini altrettanto vaste. In “Crash, contatto fisico” c’è una grande confusione dettata da problemi non-lineari che portano al caos della vita quotidiana. Un concentrato delle cose che possono accadere ad ognuno in una grande città dove convivono razze e ceti sociali e mentalità complesse di ogni tipo. Un melting pot in cui il caso si diverte a rovesciare tutte le soluzioni, ad assolvere i colpevoli e condannare gli innocenti. Un film maturo che individua i protagonisti e li inserisce dentro una trama che si rivela fallace, nel disagio quotidiano in cui non è facile e/o difficile vivere o morire. E la casualità e l’‘effetto farfalla’ diventano elemento determinante.

Crash, contatto fisico 2004, di Paul Haggis

21 GRAMMI (2003) di Alejandro Gonzales Inarritu.

I film di Alejandro Gonzales Inarritu (“Babel”, “Biutuful”, “Birdman” e “Revenant”) raccontano sempre realtà diverse e apparentemente distanti tra loro, ma che si troveranno unite nel filo dell’esistenza, tracciata dal caso e dagli errori umani. L’ “Effetto farfalla”, una delle teorie fondanti della complessità, moltiplica piccole cause che per vie insondabili e sconosciute si amplificano in modi imprevedibili e provocano i loro effetti anche a grandi distanze e nel tempo. “21 grammi” è fatto di una contaminazione di eventi che collegano ogni storia a ciascuna delle altre e fanno ricadere su ogni storia le conseguenze delle altre. Con la scoperta della importanza del fattore casualità nel divenire della materia, del mondo, della vita umana. Basta riflettere un attimo per scoprire che il caso e l’incertezza, sono determinanti in una vita, che ci sorprende con il suo sempre diverso fluire e fermarsi. Anche due volte per la ‘stessa persona’, con la perdita ogni volta di 21 grammi di peso (dell’anima).

21 grammi, 2003 di Alejandro Gonzales Inarritu
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