Speciale Nanni Moretti #1

Il sol dell’avvenire, 2023

Questa puntata la dedichiamo a Il sol dell’avvenire, presentato ieri a Cannes 76 “per sognare una realtà diversa, migliore” ha detto Nanni Moretti e poi scherzando sul successo al botteghino e su Netflix: “E’ stato venduto quasi in 190 Paesi!”. In questo film c’è la summa morettiana al completo dei suoi film , delle sue ossessioni, delle sue passioni, delle sue manie, dei suoi temi ricorrenti. Un guardarsi indietro per convincersi ad andare avanti, con uno sguardo di speranza, dopo aver riscritto la storia con un guizzo a ritroso, perchè la storia si può fare con i “se”, in un intreccio tra politica, relazioni di coppia e di famiglia, riflessioni sul cinema, richiami e omaggi a registi italiani e non, in primis a Fellini.
Riportiamo qui di seguito due recensioni sul film.

Il sol dell’avvenire: l’ultima profezia sul cinema

di Pino Moroni

Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti è un film molto stratificato, modulare, multiconcettuale, in definitiva un ipertesto che, partendo dalle sue idee sul Cinema, tocca i rapporti umani, la società, la storia, la politica. Per poterlo analizzare, in una critica che sia il più possibile aderente ai suoi contenuti anche più nascosti, è necessario sfogliare il film come fosse una cipolla, strato dopo strato (le tuniche), per capirne il senso compiuto. Ma la cipolla è anche simbolo di lacrime e dispiacere (dolore ed incomprensioni) e Moretti ormai più che pessimista sul Cinema e la vita che sono e che verranno, ha però voluto cambiare il finale con una liberatoria marcia trionfale.
La scelta di questo finale consolatorio si basa sull’espediente storico narrativo di applicare, non il revisionismo di moda, ma una sua teorica del se, cioè se momenti della nostra storia e della nostra vita si fossero svolti in un altro modo non ci troveremmo a questo punto.

Alcune immagini de Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti, 2023

Intanto, c’è da riconoscere la coerenza di questo autore, che da sempre, attraverso il suo alter ego, figlio dei tempi (Michele, Nanni o Giovanni) ha manifestato e sottolineato (anche facendo ridere gli spettatori) quello che c’era di sbagliato nei suoi/nostri comportamenti.

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Il sol dell’avvenire

di Vittorio Paielli

In questa sua ultima opera Moretti ritorna a suoi precedenti toni, all’ idiosincrasia e all’ insofferenza per certi costumi attuali che aveva spesso rappresentato, ad improvvisi e lucidi stacchi nel racconto, tutte cose che il suo pubblico rivede con piacere.
Ma, naturalmente, il film non è solo questo; c’è un notevole lavoro di regia e sceneggiatura per far convivere, in un’ opera ambientata nella Roma del ’56  al tempo dei fatti di Ungheria, almeno 4 spunti :
-la storia di Giovanni ( alter-ego ) e di sua moglie Paola (rapporto in crisi)
-la storia di un altro film che Paola sta producendo con un regista giovane
-la storia di una giovane coppia che, tra incomprensioni e litigi, si avvia però ad una vita insieme
-la storia ( in realtà appena accennata ) di un nuotatore che vuole fare il giro del mondo da una piscina ad un’altra
La forza del film sta nell’ ingegnoso intersecarsi di brani narrativi differenti, nella confusione organizzata tra realtà e immaginazione filmica, nella forte ironia e anche autoironia ( irresistibile la scena con i rappresentanti della Netflix), nel tripudio di citazioni cinematografiche, tra tutte quelle felliniane ( Otto e 1/2, Il circo, La dolce vita ).
E anche la colonna sonora svolge un ruolo da protagonista inserendosi, anche in modo irruento, nel film, con l’ intrusione di famosi brani musicali, di coreografie improvvisate ( punti di forza nella filmografia morettiana).

Alcune immagini del film

Non mancano, a mio avviso, alcuni punti deboli; due cameo non proprio imperdibili, la recitazione di Nanni, troppo statica e legnosa.
Ci si può chiedere se si tratta di un film politico o di una commedia; secondo me, di tutti e due i generi. Certo, però, che l’aspetto politico è evidente soprattutto in rapporto con quanto sta succedendo in questi giorni. Così come nel ’56 c’era chi condannava i carri armati russi in Ungheria e chi li giustificava, anche ora c’è chi condanna l’invasione dell’Ucraina e chi si rifugia in un “neutrale” pacifismo.
Ma forse il carattere più importante dell’ opera, anche se più nascosto, è quello psicologico.
Qui non siamo più di fronte al Moretti, splendido quarantenne di “Caro Diario“; ora c’è un Moretti settantenne, ancora in forma ma segnato dall’età e da molta disillusione.
Nel futuro non c’è il sol dell’avvenire, il futuro assume forme indecifrabili se non minacciose.
E allora scatta la melanconia, il desiderio di rivolgersi al passato che, come tale, è sempre gratificante, gloriosamente intatto e perciò rassicurante.
E’ quindi dominante la nostalgia, il sentimento cui si rivolge Moretti, cui ci rivolgiamo tutti noi di una certa età.
E ora cito Recalcati dal suo recente La luce delle stelle morte.
“Quando guardiamo il cielo stellato ammiriamo una presenza che è fatta di assenza, vediamo una luce generata da un oggetto già morto. Così nasce la nostalgia, ma non è la nostalgia-rimpianto che resta impigliata in un atteggiamento luttuoso, è la nostalgia-gratitudine che sa contemplare lo splendore dell’apparizione della luce come presenza viva di un’assenza “
E’ questo secondo tipo di nostalgia che prevale nel film, che rende credibili le utopie e ci regala quella bellissima e suggestiva carrellata finale.

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