I miracoli quotidiani di Eric Rohmer: la bellezza nella semplicità.

di Mattia Migliarino

Éric Rohmer è stato uno dei protagonisti della Nouvelle Vague francese, un regista famoso per riuscire a riportare sullo schermo la sua sensibilità verso le piccole gioie e le sfumature della quotidianità. Ha creato nel corso del tempo un corpus cinematografico diventato ormai sinonimo di un tipo particolare di bellezza: quella della semplicità e della routine. Al centro della sua filmografia si trova un concetto che lui stesso ha definito come il “ciclo dei miracoli quotidiani”. Questo ciclo, una sorta di mantra implicito che pervade molte delle sue storie, si concentra sulla capacità di trovare l’ entusiasmo e la bellezza nelle cose comuni della vita. Rohmer, con la sua maestria nel raccontare le vicende umane più ordinarie, ci invita a guardare oltre la superficie delle cose e a cogliere la magia nella routine quotidiana.

La carriera di Suzanne

Nei suoi film, spesso assistiamo a trame apparentemente semplici: una passeggiata in riva al mare, una conversazione tra amici in un café, una passeggiata nel parco. È proprio in questi attimi che emergono le verità più profonde e i problemi morali che modellano le vite dei personaggi.

Il ginocchio di Claire e La collezionista

Ad esempio, in “Il ginocchio di Claire” (1970), uno dei film più celebrati di Rohmer, assistiamo alla storia di un giovane uomo, Jerome, che trascorre le sue vacanze estive in una località costiera francese. Qui, l’incontro con Claire, una donna affascinante e misteriosa, diventa il punto focale di una serie di riflessioni sulla bellezza, sull’amore e sulla fugacità del tempo. Rohmer ci trasporta in un mondo di delicatezza e sottigliezza, dove anche il gesto più semplice può avere conseguenze profonde.
Allo stesso modo, in “La Collezionista” (1967), parte della celebre serie “Sei racconti morali”, ci troviamo immersi in un vortice di tentazione e lealtà, con la splendida Costa Azzurra come sfondo. Quello che inizia come una comune vacanza estiva si trasforma rapidamente in un intricato labirinto di desideri umani e dinamiche relazionali. Rohmer ci conduce in un viaggio affascinante attraverso i meandri più oscuri della psiche umana, offrendoci uno sguardo penetrante sulle complessità dell’interiorità umana e delle sue relazioni più intime.

Una notte con Maud

In “Una notte con Maud” (1969), il cineasta, ci trascina in un piccolo paesino francese dove Jean-Louis si trova in bilico tra la sua fede religiosa e i suoi impulsi romantici. Qui ogni incontro, anche il più banale, diventa un microcosmo delle contrapposizioni umane, mettendo in discussione le certezze e aprendo la strada a una crescita personale molto intensa. Le storie del regista francese ci insegnano a rallentare, ad apprezzare il presente e ad abbracciare la bellezza della vita ordinaria, a dare importanza a quelle piccole cose, emotive e concrete, che molte volte al giorno d’oggi ci sfuggono. Ci ricorda che anche nelle situazioni più banali ci sono tesori da scoprire e lezioni da imparare. Ci invita a guardare il mondo con occhi nuovi, a riscoprire il senso di meraviglia che spesso perdiamo nella frenesia della modernità.

La fornaia di Monceau

Ma forse la sua opera più bella è “La Fornaia di Monceau” (1962), il primo cortometraggio del ciclo, un esempio eloquente di come Rohmer sia in grado di cogliere la bellezza nel mondo che ci circonda. Nonostante sia il più vecchio e il più breve dei film menzionati, si distingue per la sua capacità di indagare con occhio attento le piccole tonalità della vita urbana parigina. Attraverso il protagonista, un giovane studente di legge che si innamora di una fornaia vista casualmente per strada, Rohmer ci trasporta in un mondo di desideri e incertezze che risuonano con un senso di autenticità sorprendente. In ventiquattro minuti, il cortometraggio, diventa un pellicola fondamentale della Nouvelle Vague francese, contribuendo a stabilire la reputazione di Rohmer come uno dei registi più influenti e innovativi del suo tempo. La sua narrazione semplice ma efficace e la sua esplorazione dei dilemmi morali lo rendono un’opera fondamentale non solo del suo cinema ma della settima arte in generale.

Il ciclo dei miracoli quotidiani di Éric Rohmer rappresenta un’ode alla bellezza della semplicità e della routine. Il suo contributo va oltre il mero intrattenimento cinematografico, plasmando la narrativa visiva in modo unico e offrendo uno sguardo intimo sulla vita e sulla complessità delle relazioni dell’uomo. Attraverso il ciclo, il regista francese ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del cinema, influenzando generazioni di registi e spettatori con la sua sensibilità e il suo acuto osservare della vita. La sua eredità artistica risplende ancora oggi, continuando a ispirare e ad incantare i sognatori e gli amanti del cinema di tutto il mondo.

Informazioni su Mattia Migliarino 13 Articoli
Nato a Monza nel 1993. Nel 2019 ha conseguito la Laurea in Scienze Umanistiche per la Comunicazione presso l’Università Statale di Milano. Tra il 2011 e il 2019, ha collaborato con la rivista di musica e cinema 1977 Magazine. Successivamente ha conseguito la Laurea Magistrale in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale presso l’Università di Bologna discutendo la tesi: “L’Italia negli anni di piombo alla luce del cinema italiano”. Ha seguito vari Corsi di Cinema, tra cui il Corso di Critica Ritrovata, tenuto dal Prof. Roy Menarini.
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Pino

Ciao Mattia, un gran bel pezzo su un autore, nella sua semplicità, ‘immenso’.