La fiera delle illusioni. Un noir psicologico tra mostri della natura e mostri della coscienza

di Pino Moroni

L’ultima storiaccia, più pulp fiction che noir, ce l’ha raccontata Guillermo Del Toro con La fiera delle illusioni – Nightmare Alley, film primo negli incassi al botteghino italiano nelle ultime settimane. Ma se è facile capire perché nella società del malessere si abbia bisogno di vedere al cinema mostri, freaks, psicopatici, millantatori, killer di ogni tipo, immersi in orrori, delitti ed imbrogli fino al paranormale, è importante invece ricostruire come il regista Del Toro, premio Oscar nel 2018 per La forma dell’acqua sia arrivato a girare questo film.

Iniziamo dal libro Nightmare Alley scritto nel 1946 da William Lindsay Gresham, scrittore maledetto ed alcolizzato che raccontava quel mondo nomade ed emarginato dei baracconi dei Luna Park americani (Carnival) che sopravviveva con l’esibizione a pagamento di persone deformi, scherzi della natura e di altre invenzioni, piene di trucchi grossolani (illusionisti, lettori del pensiero) in una fiera perenne delle illusioni, per spettatori ignoranti e creduloni di provincia, che volevano essere scoperti nei loro sogni più oscuri e rincuorati nelle loro coscienze malate.

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