Anatomia di una caduta. La coppia scoppia

di Pino Moroni

Anatomia di una caduta è un film che, sotto la veste di una indagine sulla scena di un incidente/crimine e di un complicato dramma giudiziario, narra invece la disintegrazione di un difficile e continuato rapporto di ‘due singoli’ pensatori e scrittori (lei più di successo, lui in crisi di realizzazione).

Due singoli che non mancano di farsi male cinicamente, arrivando a male parole, a sotterfugi, a dispetti, a contatti fisici e forse anche a piccole spinte psicologiche a farla finita con il rapporto e/o con la vita stessa. Nel mio praticantato degli anni ‘70 mi sono trovato a sentirle queste storie di coniugi in procinto di separazione.

Ora dopo tanti anni, finalmente la regista Justine Triet, con questo film vincitore a Cannes, cosceneggiato con il compagno attore e regista Arthur Harari, ne ha composto una summa, mettendo insieme tutte le manipolazioni, i ricatti personali, i fallimenti, le ripicche ed i pensieri di morte che una coppia scoppiata può mettere in atto.

immagine per Anatomia di una caduta
Anatomia di una caduta, regia di Justine Triet
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Anatomia di una caduta, regia di Justine Triet

Con un figlio ipovedente Daniel (Milo Machado Graner), con un cane accompagnatore, Snoop (Premio Canino a Cannes), tenuto sempre all’oscuro di tutto. Forse manipolato anche lui, come si manipolano tra loro entrambi. Purtroppo ho visto la smorfia degli spettatori ed accreditati alla fine del film che credevano di vedere un thriller d’azione, spettacolo d’evasione che piace tanto, ed invece si sono trovati a digerire un puntiglioso affresco sull’anatomia di rapporti umani ridotti ormai a pezzi nell’imperante vuoto individualistico, che tutti esercitano in proprio, ma che nessuno riesce a realizzare essere il peggior male collettivo.

Un’ individualismo, reso però doppio da simulazioni e dissimulazioni al limite di una patologia da mitomania autobiografica (fotografare e registrare tutto per ricavarne idee per poter scrivere romanzi di fantasia). La domanda allora è che anche la letteratura non sta rivelandosi più affidabile?

La storia del film è semplice, il corpo di un uomo, Samuel (Samuel Theis) viene trovato sulla neve, forse caduto (suicidio?)  o colpito e spinto dall’abbaino di una baita di montagna delle Alpi francesi. La sospettata diventa ben presto solo la moglie tedesca Sandra (Sandra Huller).

Le indagini, le ricostruzioni, i sopralluoghi non provano molto. Dopo un anno si apre il processo. E qui attraverso registrazioni di Samuel, spesso acconsentite dalla moglie, ricordi della moglie stessa, testimonianze psichiatriche, particolari raccontati dal figlio e spiegazioni investigative, il processo va avanti, oltre ai brillanti e non convenzionali interventi del Procuratore dello Stato (Antoine Reinartz) e le obiezioni più canoniche della difesa (Swann Artaud).

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