Auguri Paola e complimenti per i tuoi successi!

di Tano Pirrone

Oggi 24 novembre Paola Cortellesi, artista multiforme, compie 50 anni ed io voglio essere in prima fila a porgerle i migliori auguri per il suo primo mezzo secolo di vita e i complimenti sinceri ed affettuosi per tutto quello che di bello è riuscita a fare in questo periodo [1], cominciando dall’interpretazione della canzone Cacao Meravigliao [2] (a tredici anni!) fino all’inoppugnabile successo del film C’è ancora domani di cui è stata interprete, coautrice della sceneggiatura e regista.
Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma 2023 come film di apertura, è stato distribuito nelle sale cinematografiche italiane il 26 ottobre 2023. In meno di 30 giorni di proiezione ha incassato – mi informava ieri sera un addetto ai lavori di comprovata fiducia – la bellezza di circa 20 milioni di euro! Un record nel nostro stitico mondo dello spettacolo peninsulare: segno tangibile del successo di pubblico, confermato, oltre che dall’ormai insolita affluenza, anche dagli applausi immancabili al termine dello spettacolo e dal favorevolissimo, entusiasta passaparola. Successo anche di critica, se è vero, com’è vero, che la stragrande maggioranza della critica ufficiale non ha risparmiato elogi e alti voti, con minime trascurabili note per difetti non inficianti, anche comprensibili trattandosi di un’opera prima.

Sentieri Selvaggi, Simone Emiliani: «[…] Comincia con uno schiaffo, finisce in mezzo a una folla numerosissima. […] è più che convincente proprio perché ricostruisce nel dettaglio l’atmosfera dell’Italia del dopoguerra sottolineata dal bianco e nero della fotografia di Davide Leone […]», voto 4/5
Cineforum, Roberto Manassero: «[…] Vera icona di casa nostra […] Paola Cortellesi è camuffata e insieme onnipresente, fuori da una Storia ricostruita come immaginario (il bianco e nero del neorealismo, che funziona come un retaggio culturale a cui ogni italiano appartiene […]», senza voto
Cinematografo, Federico Pontiggia: «[…] Il film è solido, uniformemente ben interpretato, con nota di merito alla stessa Cortellesi e Mastandrea, e soprattutto sa destreggiarsi tra comico e tragico ed evocare senza troppi infingimenti il neorealismo rosa e quindi la commedia all’italiana nei caratteri umani, nel décor [3], nella temperie socioculturale. Traguardo sostanzioso, ancor più per un’esordiente dietro la macchina da presa, e la brava regista non si ferma qui: coreografa le botte di Ivano a Delia quale balletto sulle note di Nessuno (un successo di Mina, del 1959), con i lividi che appaiono sulla pelle della donna e subito scompaiono, in quota trasfigurazione poetico-stilistica […]», voto 3 /5;

Alcune immagini del film


la Repubblica, Alberto Crespi: «[…] Non è da tutti, al primo film, realizzare nell’ordine: 1) un film che sa far ridere e piangere al tempo stesso, tenendo insieme gli opposti registri del dramma e della commedia (anzi, della miglior commedia all’italiana); 2) un film in bianco e nero, alla faccia del marketing, che tiene viva una grande tradizione del nostro cinema migliore; 3) un film politico, ambientato nei giorni del referendum monarchia vs. repubblica che vide votare per la prima volta le donne italiane; 4) un film sulla violenza domestica, popolato di maschi tossici, che anche svolgendosi nel 1946 getta sacrosanti riverberi sul nostro presente; 5) un film che, pur in un impianto narrativo “realistico”, ha improvvise accensioni visionarie (bella l’idea di “coreografare” le scene di violenza) e anacronismi musicali voluti e molto efficaci – come un paio di pezzi di Lucio Dalla (tra cui la bellissima “La sera dei miracoli” ), che nel ’46, come è noto, aveva tre anni!-; 6) un film, soprattutto, scritto in modo impeccabile (dalla stessa Cortellesi con Furio Andreotti e Giulia Calenda) e recitato benissimo da un cast in gran spolvero […]», senza voto;

Cinefilos
, Scilla Santoro: «[…] film fortemente legato al presente. Parla alle donne di ieri, ma soprattutto di oggi, e anche agli uomini. Riesce a far riflettere su un fenomeno come quello della violenza di genere che è dilagante al punto da far dubitare che così tanta strada sia stata percorsa dal dopoguerra ai giorni nostri. […] è un lavoro complessivamente efficace e d’impatto, in cui si legge una costante preoccupazione, un’urgenza verso le nuove generazioni di donne. È a loro che si rivolge essenzialmente questo buon esordio […]», voto 3,5/5.

Ho fatto una breve ricerca per trovare le recensioni dei critici che scrivono per le migliori riviste on line e voglio, qui di seguito, darne conto ai lettori:
Spietati, Luca Baroncini: «[…] cinema popolare e di spessore, capace di ancorarsi alla tradizione della commedia italiana, ma anche di distaccarsene con personalità […]», voto 7,2/10;
Spietati, Mario Tudisco: «[…] è cinema popolare e intelligente che conosce l’intonazione giusta e sa quale corda emozionale sfiorare per irretire, coinvolgere, intrattenere […]», voto 7,7/10;
Spietati, Marco Grosoli: «[…] prende il cliché della Roma popolana del 1946 […] e vi applica sopra una macchina da presa mobilissima, prontissima a non far perdere allo spettatore nessun dettaglio significativo, nessuna reazione dei personaggi, nessuna sottolineatura pesante […]», voto 7,56/10;

Critiche dissonanti? Poche, pochissime.
Segnalo le riserve di Gianluca Pelleschi (Spietati), che pur concedendo un 6/10, dovuto al fatto che la regista sceglie l’omaggio mimetico al cinema italiano che conta, con tanto di bianco e nero retrò e parti girate in 4/3, ma non sconfina nel didascalismo fine a se stesso, (Pelleschi) valuta però negativamente i depistaggi perpetrati ai danni dello spettatore (la lettera che le arriva e il raccordo con l’antico innamorato), che risultano troppo evidenti ed artificiosi, costringendo, l’attento spettatore ad una rilettura di tutto il film.
Segnalo anche i commenti all’articolo Teresa guarda il film proposto da Ponzaracconta.it il 18 novembre u.s.: quello di Patrizia Montani, che, non riconoscendo sufficienti qualità al film, difende il concetto fondante […] che la forma, lo stile fanno di un’opera, un’opera d’arte, non il contenuto […] e che essa per essere tale non deve piegarsi a strumento di messaggi; e quello di Guido Del Gizzo, che chiude sul nascere ogni discorso specifico affermando: «Non andrò a vedere il film di Paola Cortellesi, perché mi aspetto l’ennesimo “pistolotto” sulla laboriosa, ancorché ironica, presa di coscienza sulla condizione femminile e l’ennesima, ancorché ironica, approfondita osservazione del nostro ombelico: perché il cinema italiano, negli ultimi trent’anni, è stato praticamente solo questo».
Sarebbe stato interessante conoscere le posizioni di qualche organizzazione femminista, ma ho trovato solo questo riferimento nel sito di Se non ora quando: “[…] Paola Cortellesi ha messo in scena la forza delle donne e le sue capacità in regia. E ci tiene a sottolineare la sua soddisfazione quando viene definita come “una regista”. «Mi piace – commenta – che basti l’articolo a definire il genere dell’autore. Perché regista donna se non si dice regista uomo?» […]. Null’altro.
Io mi limito, senza intervenire, a fornire i risultati della ricerca; ringrazio per l’attenzione e spero che il successo di C’è ancora domani sia prodromo di una ripresa del settore in cui l’Italia ha sempre avuto internazionalmente posizioni apicali.

Note

[1] –  L’attività di Paola Cortellesi come attrice, sceneggiatrice e regista è compiuamente sommarizzata in Wikipedia

[2] – Cacao Meravigliao è una canzone di Renzo Arbore e Claudio Mattone, cantata originariamente da Paola Cortellesi e resa celebre dalla trasmissione televisiva italiana Indietro tutta!, dove era la pubblicità dello sponsor immaginario della trasmissione – https://www.youtube.com/watch?v=HghWiBLQ7RI -. La canzone fu resa a tal punto popolare dalla trasmissione che, pur non esistendo affatto, nel periodo di messa in onda, il “cacao meravigliao” veniva spesso ricercato come prodotto acquistabile dai clienti all’interno di negozi e supermercati. La canzone vedeva anche l’intervento di Nino Frassica e fu pubblicata nell’album Discao Meravigliao.

[3] – Décor: scenografia, arredamento.

Articolo collegato (Per lottare) c’è ancora domani

Informazioni su Tano Pirrone 87 Articoli
Sono nato in provincia di Siracusa, a Francofonte, l’antichissima Hydria dei coloni greci, quaranta giorni prima che le forze alleate sbarcassero a Licata. Era il 14 maggio 1943. Ho frequentato il liceo classico, ma non gli studi per giornalista, cui ambivo. Negli anni ’70 ho vissuto due lustri a Palermo, dove ho lavorato in fabbrica, come impiegato amministrativo- commerciale. Nel 1981 mi sono trasferito a Roma per amore di Paola, oggi mia moglie. Sono stato funzionario commerciale e Project Manager nel Gruppo Marazzi. Infine consulente d’azienda per Organizzazione Aziendale e Sistemi Qualità. Curo le piante della mia terrazza, vedo gente, guardo film e serie tv, vado a cinema e a teatro, seguo qualche mostra; leggo, divagando e raccogliendo fior da fiore, e scrivo di cinema, libri e teatro per Odeonblog; di altre cose per me stesso. Ho pubblicato anche su Ponza Racconta, Lo Strillo, RedazioneCulturaNews ed altri siti di cinema e teatro. Ho due figli, Francesco e Andrea, ed avevo un cane, Bam, che sta sempre con me dovunque io vada. Sono faticosamente di sinistra; sono stato incendiario ed ora dovrei essere ragionevolmente pompiere.
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Lorenza

Grazie Tano per questa preziosa rassegna stampa. Anche a me son pesati un poco certi difetti, gli inganni ingenui allo spettatore, eppure, eppure, eppure c’è qualcosa nel film che permette alla mente, volutamente, di tralasciare i difetti, di sorvolarli. Mi sono chiesta cosa fosse e penso che sia la verità. C’è un grande desiderio di verità nel film che fa sì che qualunque artificio smetta di essere artificio e diventi mezzo di ricerca

Tano Pirrone

La verità, si, quella cosa strana assai, che se sale sulle barricate, non sta mai da una parte o dall’altra del disperato accumulo, ma in cima, seduta a cavalcioni, sfidando frecce lance proietti… La verità, si, spesso, a cavalcioni, irriconoscibile…