
di Tano Pirrone
Del magnifico romanzo di Raffaele La Capria, meritatamente vincitore dell’edizione 1961 del Premio Strega, è stata in questi giorni presentata una versione teatrale andata in scena al Teatro Argentina di Roma in un adattamento di Emanuele Trevi e per la regia di Roberto Andò: è stato un successo, che ad un signore seduto vicino a me ha fatto esclamare: «Evviva, finalmente il grande teatro è tornato.» Complicatissimo davvero trasformare in pièce un testo come quello di La Capria fitto di personaggi, di mare e di sole, nella metà degli anni ’50 del secolo scorso. Eppure dal combinato disposto Andò/Trevi è venuto fuori un lavoro che abbiamo applaudito a lungo e con accresciuto rispetto per i due intellettuali, palermitano, il primo (scrittore, sceneggiatore, regista cinematografico, teatrale e di opere liriche), romano, il secondo (scrittore e critico letterario).[1]





Alcune scene di Ferito a morte e Locandina di Leoni al sole
Trevi ha recentemente curato anche l’adattamento del romanzo Furore di John Steinbeck, su iniziativa di Massimo Popolizio, anche artista “recitante”. Secondo le mie limitate capacità di giudizio oserei dire che si è trattato di un fallimento artistico, non certo per responsabilità di Trevi, ma di un Popolizio che non ha fra le sue corde quelle che vibrano per la pietà silenziosa ed il dolore muto: uno spettacolo di luci e suoni, da cui sono uscito con le mani in tasca e molto incavolato: a casa mi sono tuffato nell’immenso libro e alla fine, eccomi qua, sono sopravvissuto!
Dell’opera letteraria di La Capria si ricorda una precedente edizione teatrale al Teatro Mercadante di Napoli l’11 aprile 2012 con la regia di Claudio Di Palma e le interpretazioni di Mariano Rigillo, Elena Cepollaro, Andrea De Goyzueta, Antonio Marfella, Alfonso Postiglione e Anna Teresa Rossini. Non molti, invece, ricordano un film ispirato al romanzo: Leoni al sole del 1961, anno della pubblicazione del libro edito da Bompiani e del Premio Strega attribuitogli con un solo punto di vantaggio su due secondi ex-aequo: Giovanni Arpino (Delitto d’onore) e Fausta Cialente (Ballata levantina).
Il titolo del film, opera prima, come regista, di Vittorio Caprioli, riprendeva il primo titolo dato al suo romanzo in fieri da La Capria: Leoni al sole, leoni ruggenti come i Vitelloni di Federico Fellini, giovani impegnati in tutto tranne che nel darsi da fare per crescere e assumersi le “onerose” responsabilità” sociali.
Interessante rileggere quello che ne scrisse Luciano De Crescenzo[2]:
«Leoni al sole fu per noi napoletani l’equivalente dei Vitelloni di Fellini: raccontava le nostre estati inutili e dispersive, l’avventura con la svedese, la voglia inconfessabile del grande amore, la piccola colazione scippata alla milanese di passaggio. Tutto accadeva a Positano negli anni Sessanta e i leoni della storia, mollemente sdraiati sugli scogli, erano chiamati all’epoca Giuggiù, Frichì, Scisciò, Sasà, Cocò e Cunfettiello. Ovviamente Scisciò fu l’unico a non essere costretto a cambiar nome. Ispiratore e sceneggiatore del film (insieme a Caprioli) Dudù La Capria, l’autore di Ferito a morte, uno dei libri più veri e più belli scritti sulla Napoli della gente-bene.»
Fra gli attori del film, lo stesso Vittorio Caprioli (Giugiù). Philippe Leroy, doppiato dal grande Aldo Giuffrè (Mimì), Franca Valeri, la donna amata invano dal protagonista (Giulia), Serena Vergano (Serena) ed Enzo Cannavale (il commissario).
Per chi vuole vederlo, ecco il link su YouTube
Ma dopo leggete o rileggete il bellissimo libro!
NOTE
[1] Produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Fondazione Campania dei Festival, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
[2] In “Storia della filosofia greca. Da Socrate in poi, cap. III (Scisciò)
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