Babylon, 2022 di Damien Chazelle

di Mattia Migliarino

“Elefanti Bianchi: il Dio di Hollywood esige elefanti bianchi e gli furono dati – otto mastodonti di gesso, appollaiati su piedistalli a megafungo, che sovrastano l’immensa corte di Belshazzar, la Babilonia di cartapesta costruita ai margini della vecchia pista polverosa chiamata Sunset Boulevard”. Questo incipit del libro scritto da Kenneth Anger Hollywood Babilonia,edito da Adelphi, basterebbe di per sé per descrivere l’ultima opera del regista di Whiplash (2014) e La la land (2016) Damien Chazelle. La vecchia Hollywood messa in scena dal cineasta americano in Babylon (2022), è quella che assiste al passaggio dal cinema muto a quello sonoro, nel periodo in cui la macchina dei sogni era stata appena azionata. Per farlo Chazelle utilizza quattro personaggi che in un modo o nell’altro sono appartenenti al mondo del cinema (Margot Robbie, Brad Pitt, Diego Calva e Jovan Adepo) e le loro quattro storie, legate da un unico fil rouge: l’arrivo del cinema parlato che nel 1927 capovolge radicalmente le loro vite.

Alcune scene del film

Babylon racconta una tematica non sempre affrontata sul grande schermo ma che ovviamente ha avuto un ruolo rivoluzionario nella storia del cinema. È  interessante però notare come in realtà lo stesso regista, profondo conoscitore del cinema e della sua storia, sembri utilizzare questa “falsa pista” per mostrarci qualcosa di diverso. Tra feste estreme e allucinate (la sequenza iniziale prima del titolo è in questo senso emblematica), scandali, set e sale cinematografiche, assistiamo a una vera e propria apoteosi dell’epoca d’oro di Hollywood, in cui tutto ancora doveva essere costruito, inventato e addirittura immaginato. L’importante spartiacque tra un’epoca e un’altra, descritto da Chazelle, non è soltanto la testimonianza della fine di un periodo e l’introduzione di un nuovo corso, ma rappresenta anche il termine di quello che è stato probabilmente il momento più affascinante della storia del mezzo cinematografico. Un mezzo ancora visto in maniera artigianale, utilizzato in set chiassosi più simili a bidonville o campi nomadi che a luoghi di lavoro. Prima di lui ci avevano pensato i fratelli Taviani con il loro Good Morning Babilonia del 1987 a raccontare la fase primordiale di Hollywood e in particolare la realizzazione dei primi grandi film storici, primo su tutti Intolerance (1916)di David Wark Griffith.  Un cinema quindi fatto da pionieri più che da esperti, da uomini e donne d’avventura dove ogni scena portata a casa aveva il gioioso sapore di vittoria misto a meraviglia. Il punto di forza dell’opera di Chazelle è quello di essere una vera e propria ode al cinema, un’avventura all’insegna del divertimento e dell’ironia: Babylon è un modo efficace per  avvicinare lo spettatore meno preparato alla scoperta degli albori della settima arte.

Come sempre Chazelle (ancora oggi il più giovane regista ad aver vinto una statuetta alla regia) divide tutti,  tra chi lo accusa di essere eccessivo ed elitario e chi invece lo premia considerandolo un autore tra i più promettenti del panorama cinematografico contemporaneo. Secondo me una cosa  è certa: Chazelle ci stupisce come sempre proprio per la sua spiccata immaginazione visiva ed è proprio grazie a questa che riesce nella missione di ricordarci come il cinema sia lo strumento mediante il quale riusciamo sì a viaggiare, a scoprire luoghi diversi e lontani comodamente seduti sulla poltrona, quello che il critico e lo studioso di cinema  Noel Burch chiama “viaggio immobile”, ma anche e soprattutto grazie al quale, per merito dell’ illusione, possiamo sconfiggere l’ineluttabile scorrere del tempo e  vincere la morte.

Informazioni su Mattia Migliarino 9 Articoli
Nato a Monza nel 1993. Nel 2019 ha conseguito la Laurea in Scienze Umanistiche per la Comunicazione presso l’Università Statale di Milano. Tra il 2011 e il 2019, ha collaborato con la rivista di musica e cinema 1977 Magazine. Successivamente ha conseguito la Laurea Magistrale in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale presso l’Università di Bologna discutendo la tesi: “L’Italia negli anni di piombo alla luce del cinema italiano”. Ha seguito vari Corsi di Cinema, tra cui il Corso di Critica Ritrovata, tenuto dal Prof. Roy Menarini.
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