di Martina Cossia Castiglioni
Nella Roma degli anni Cinquanta la giovane Mimosa (Rebecca Antonaci, al suo esordio sul grande schermo) accompagna la sorella maggiore a Cinecittà per un provino come comparsa in un kolossal ambientato nell’antico Egitto. Per caso la ragazza viene notata dalla star del film Josephine Esperanto (Lily James) che alla fine delle riprese la porterà con sé a una festa in una villa, dove trascorreranno la notte. Quando arriverà l’alba, Mimosa non sarà più la stessa.
Mimosa fa la comparsa nel Kolossal sull’antico Egitto
Presentato in anteprima al Festival di Venezia, esce ora nelle sale Finalmente l’Alba, quinto lungometraggio di Saverio Costanzo (sua è anche la sceneggiatura). Dopo aver fatto tappa a Gorizia, Pordenone e Udine, il regista e la sua musa Alba Rohrwacher sono approdati all’Anteo di Milano domenica 18 febbraio per rispondere alle domande del pubblico, dopo la proiezione del film.
Fonte di ispirazione del regista è stata la figura di Wilma Montesi, ventunenne e aspirante attrice, trovata morta sulla spiaggia di Torvaianica il 9 aprile 1953. Il caso divenne mediatico a causa del presunto coinvolgimento di alcuni personaggi di spicco dell’epoca, tra i quali il musicista Piero Piccioni, figlio di un ministro democristiano (e un tempo fidanzato di Alida Valli) e il marchese Ugo Montagna. Di loro si diceva frequentassero una villa a Capocotta, nei pressi di Torvaianica, tra festini e orge, alle quali si pensava avesse partecipato anche Wilma Montesi. Non si arrivò mai a una verità sul caso.
Alcune scene del film
Saverio Costanzo ha voluto creare il personaggio di una ragazza che facesse lo stesso percorso della Montesi (seppure con un esito diverso), quattro giorni dopo il ritrovamento del corpo della giovane.
Un viaggio al termine della notte, per citare Louis Ferdinand Céline, ma per certi aspetti anche una discesa agli Inferi. Non a caso il regista parla del personaggio interpretato da Willem Dafoe, Rufus Priori (un gallerista amico di Josephine) come di una sorta di Caronte che conduce Mimosa da un mondo a un altro (è lui che guida l’auto che porta la ragazza e gli attori alla villa). Un Caronte gentile, certo, che alla fine si offre di riaccompagnarla a casa.
Ma Mimosa ormai è cresciuta, tornerà da sola.
Mimosa torna a casa da sola
Finalmente l’Alba è anche una storia di formazione. Costanzo voleva lavorare sul sogno di una ragazza che si ritrova al centro di una sorta di grande palcoscenico, ma ne è estranea.
Uno spaesamento, una sensazione di inadeguatezza, dice Alba Rohrwacher al pubblico, che lei stessa ha provato entrando per la prima volta nel mondo del cinema. Nel film interpreta Alida Valli, che a un certo punto metterà in guardia Mimosa su quell’ambiente, rivolgendosi a lei in maniera «vera».
Ma è proprio con la sua semplicità e assenza di giudizio nei confronti di ciò che la circonda, sottolinea Costanzo, che Mimosa costringe gli altri a levare le loro maschere. La ragazza rappresenta la sorpresa, messa a confronto con un artificio gigantesco.
Il film però, tiene a ribadire Costanzo, non è una pellicola sulla corruzione del mondo dello spettacolo, quanto piuttosto un film che parla di giochi di potere, e non solo nel campo del cinema. Nel corso della nottata Mimosa entra in contatto con personaggi ambigui, con faccendieri. La stessa Josephine approfitta della sua ingenuità, eppure anche lei ha una sua fragilità. Non era facile, dice Costanzo, essere star negli anni Cinquanta, dover sempre essere seduttiva per soddisfare le aspettative dello sguardo maschile. Al termine della storia anche la diva si toglierà la maschera.
Nonostante un bel cast e una messa in scena sontuosa, la pellicola funziona solo a metà. Se la prima parte scorre e seguiamo con interesse la protagonista, la seconda appare più caotica, con personaggi e situazioni che non convincono fino in fondo.
Rimane la sensazione di un obiettivo non raggiunto, malgrado le buone intenzioni.