Another end: un film in bilico tra fantascienza e film d’amore.

di Letizia Piredda

Se avessi la possibilità di far rivivere la persona amata, dopo la morte, per rendere meno  traumatico il distacco, di quanto tempo avresti bisogno?

A distanza di nove anni dal primo film L’attesa, Messina mette di nuovo al centro del discorso il dolore. Questa volta però si proietta in un futuro prossimo dando al film un’impronta fantascientifica: Another end infatti, è una società fantafarmaceutica che trasferendo la personalità e i ricordi della persona scomparsa in un’altra persona, consente di rendere meno traumatico il distacco e di poter dire le parole che non è stato possibile dire alla persona amata, attraverso un iter breve rigorosamente predeterminato.

Another end: la societa fantafarmaceutica

Sal dopo la perdita della moglie in un incidente automobilistico, era lui alla guida della macchina,  è rimasto schiacciato dal dolore e dai sensi di colpa e non trova sollievo in niente. Dopo un tentato suicidio, e su pressione  della sorella, che lavora in questa società, accetta di vivere questa esperienza. Ma, superata la diffidenza iniziale, Sal non riesce più a staccarsi dall’estranea che incarna sua moglie…

La sceneggiatura del film è particolare: un mondo costruito appositamente attraverso l’alternarsi  di diverse città per lo più non riconoscibili [1], vediamo solo la Defence di Parigi, un mondo che deve anzitutto essere in qualche modo credibile per ospitare la tecnologia avanzata del film, come dice lo stesso regista, ma dall’altra deve rispondere ai connotati di qualcosa di consueto, di riconoscibile e di romantico.
Sì, perché questa è la vera connotazione del film: la componente fantascientifica è solo un pretesto, di fatto è un film sul desiderio, sull’amore, e con questo registro cerca di far presa, riuscendoci in buona parte, sullo spettatore. Questo però crea uno squilibrio a scapito della componente fantascientifica che perde in qualche modo la sua ragion d’essere.
Per altri versi il film solleva alcune tematiche di grande spessore, legate all’etica della scienza: è giusto che l’uomo sposti i confini di una morte? O ai processi tra corpo e mente: il corpo è solo un contenitore della mente, ed è quindi possibile creare una scissione tra corpo e mente, oppure formano un intreccio indissolubile? O all’elaborazione psicologica del lutto: siamo capaci di accettare la morte, la perdita, sappiamo attraversare il dolore che essa comporta? Oppure cerchiamo di rimuoverla aggrappandoci a delle realtà fittizie, pur di aggirare la sofferenza? E se non ci riusciamo siamo in grado di chiedere aiuto e di accettarlo? La fine di un amore (dovuta a una  separazione o alla morte) se elaborata correttamente, consente di comprendere, di definire  ciò che è stato, e può diventare qualcosa di salvifico, che apre a nuove esperienze di vita.

La sorella di Sal, Ebe abbandona la società Another end

Il film si avvale di un cast internazionale di grande spessore artistico tra cui il messicano Gael Garcia Bernal (I diari della motocicletta), la norvegese Renate Reinsve (La persona peggiore del mondo), l’argentina Berenice Bejo (Il colibrì) e la britannica Olivia Williams (Il sesto senso).  E la musica di Bruno Falanga con altri brani e le canzoni dello stesso regista, ben si amalgama alle diverse sfaccettature del film.


Note

[1] Nella costruzione della sceneggiatura Messina ha utilizzato foto di di tante città diverse e a volte si è divertito inserendo due città diverse: nel campo Parigi e nel controcampo Roma.

Informazioni su Letizia Piredda 178 Articoli
Letizia Piredda ha studiato e vive a Roma, dove si è laureata in Filosofia. Da diversi anni frequenta corsi monografici di analisi di film e corsi di critica cinematografica. In parallelo ha iniziato a scrivere di cinema su Blog amatoriali.
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